isabella luconi
isabella luconi

NASCITA E AVVENTO DEL FASCISMO

Studio di Isabella Luconi per un corso di formazione politica

 

PREMESSA 

Parlare della nascita e dell’avvento del fascismo significa analizzare il rapporto esistente fra il fascismo e la storia d’Italia, rapporto che inizia con la crisi dello Stato liberale nei 60 anni che precedettero l’avvento del fascismo.

Principalmente bisogna prendere atto che il regime fascista non fu un fatto esterno, o una parentesi nella storia d’Italia così come sosteneva Benedetto Croce, ma fu un fenomeno che mise profonde radici, sia in Italia sia a livello Internazionale, al punto da sconvolgere completamente la carta geografica Europea. 

“ Da una sorta di metafisica negazione - scriveva Costanzo Casucci nel 1961 – noi antifascisti vorremmo quasi che i fascisti siano fascisti e nient’altro, come gli uomini e no di Vittorini , che gli italiani divenuti fascisti quasi cessino di essere italiani, per cui l’Italia del ventennio si riduce ad un pugno di eroi che seppero testimoniare, Invece no! Fu l’Italia, furono gli Italiani che divennero ad un certo momento fascisti senza cessare di essere Italiani, per poi diventare o tornare ad essere democratici: compito della storiografia, è l’analisi di questo processo senza hiatus, senza parentesi, non separando mai le componenti di esso, ma distinguendole e riportandole costantemente all’unità della storia. “ * Enzo Erra le radici del fascismo, una storia da riscrivere pag 45. 

Uno dei più grossi problemi storici nello studio del fascismo fu quello dell’essere stato un fenomeno complesso e mai uguale a se stesso. 

Iniziò come movimento con la fondazione dei fasci di combattimento nel marzo del 1919, da movimento urbano divenne nel 1921 un movimento di massa, cambiando quindi la sua base territoriale e sociale, questa seconda fase durò fino al congresso di Roma con la fondazione del P.N.F, una terza fase la possiamo individuare da questo momento e che duro 10 mesi, fase che precedette l’avvento del partito nazionale fascista al potere. 

Possiamo anche distinguere i diversi modi in cui il fascismo si è radicato nella società Italiana:

Negli Anni 20       fu un fenomeno Italiano

Negli Anni 29      fu un fenomeno Internazionale

Negli Anni 30       il regime Italiano e quello tedesco si proposero sempre più come una alternativa globale alla crisi dei sistemi liberali diventando il riferimento per tutti i movimenti della destra e sconvolgendo la carta geopolitica europea. 

La internalizzazione solleva problemi storiografici che riguardano le affinità e le differenze con i regimi che si richiamarono al fascismo Italiano. 

Cronologicamente possiamo sicuramente affermare che il Fascismo nasce nel 1919 e termina il 25 aprile 1945. Ventisei anni quindi e non venti come si suole sempre indicare.

 

 

LE ORIGINI E LE INTERPRETAZIONI STORICHE 

 

Tre sono le interpretazione che hanno dominato nel cercare di analizzare le origini del fascismo :

 

  • quella liberale- crociana
  • quella marxista leninista
  • quella radicale

­La interpretazione Liberale Crociana

 

Secondo questa interpretazione la dittatura fascista fu la conquista del potere da parte di una minoranza estranea al popolo italiano.

 

Benedetto Croce pubblica la sua “ storia d’Italia dal 1871 al 1915 “ nel 1927, ripresentandola poi nel 1947 precisando che :

 

“la dittatura fascista è una malattia morale, che investì l’Italia dopo la crisi della prima guerra mondiale, e quindi questa malattia morale nasce dalla guerra e ha corrotto un organismo sano, arrestando il graduale cammino di progresso che l’Italia aveva intrapreso dopo l’unità e per il quale era protagonista la classe liberale.

 

Il limite dell’interpretazione di Benedetto Croce,a parte la evidente faziosità, è quello di aver presentato il fascismo come un fenomeno irrazionale legato alla guerra senza profonde radici nella società Italiana, come se fosse stata una parentesi storica, che si è aperta e si è chiusa. 

 

La interpretazione Marxista Leninista

 

E una interpretazione tipica del regime stalinista, e rappresenta un passo indietro rispetto ad altre interpretazione comuniste soprattutto rispetto a quella gramsciana, che invece incentrava la sua analisi sul rapporto fra fascismo e storia d’Italia chiedendosi perché lo stato liberale non aveva retto.

 

La linea interpretativa marxista leninista era incentrata su una visione totalizzante del fascismo.

 

Il fascismo era cioè l’espressione di una crisi più generale del capitalismo che attraverso la borghesia aveva reagito alla avanzata internazionale del socialismo, segnato dalla rivoluzione russa del 1917.

 

La consequenzialità fascismo uguale capitalismo uguale borghesia uguale dittatura portò a classificare il fascismo come la espressione generale della decadenza di un’epoca. 

 

Il limite fondamentale delle due interpretazioni è quello relativo alla incapacità di entrambe di rispondere alla domanda sul rapporto fra fascismo e storia d’Italia.

 

Quella crociata, di malattia morale legata alla guerra, non spiegava il perché in paesi come Francia ed Inghilterra anche loro coinvolti nel conflitto, non si ebbe il fascismo,

 

mentre quella marxista leninista aveva generalizzato a tal punto l’analisi da poter essere applicata a tutti i paesi, compresa l’America. 

 

L’interpretazione Radicale

 

I maggiori rappresentanti di questa interpretazione furono due intellettuali Piero Gobetti e Guido Dorso,questa interpretazione ha il merito di aver proposto un’ottica differente dalle altre due, riferendosi solo al fascismo italiano ed è la prima che si pone il problema del rapporto esistente fra avvento del fascismo e la precedente storia d’Italia: la decadenza del paese era dovuta ai limiti storici delle classi politiche cjhe l’avevano governato, questo implica che il fascismo non fu una rivoluzione ma una rivelazione. 

 

Piero Gobetti – scrittore e uomo politico (1901-1926)

 

Pubblicò numerosi articoli e una rivista “la rivoluzione liberale”

 

Secondo lui, il fascismo è il risultato del mancato sviluppo di una autentica dialettica liberale che ha caratterizzato la storia d’Italia post 1871, quando la classe dirigente impedì lo sviluppo della democrazia, favorendo invece un atteggiamento paternalistico e accentratore proponendosi come dispensatrice di favoritismi e privilegi attraverso il protezionismo e il trasformismo

 

Tutto ciò aveva soffocato lo sviluppo di una moderna borghesia industriale e aveva favorito l’acquisizione di una mentalità classista fra le classi lavoratrici, e un sistema parlamentare asfittico. Dentro questa ottica ed analisi Piero Gobetti inserisce l’autoritarismo fascista, che pEr lui non rappresentò una rottura, anzi il fascismo può essere definito come “ l’autobiografia della Nazione “

 

Nel fenomeno fascista Gobetti vedeva riflettersi alcune malattie tipiche del sistema politico italiano: la retorica, la cortigianeria e il trasformismo inteso quest’ultimo come alleanza della vecchia classe liberale, verso il fascismo.

Guido Dorso

Il suo saggio del 1925 “ la rivoluzione meridionale” è un allargamento dell’ottica gobettiana.

Il carattere oligarchico della vecchia classe liberale aveva origini di lungo periodo, e fu la grande occasione mancata per una vera rivoluzione democratica, dopo la prima guerra mondiale.

Il Risorgimento non aveva coinvolto le grandi masse popolari e non vi fu una vera soluzione alla situazione meridionale, che trovò invece il suo equilibrio nel compromesso fra la classe dirigente e la proprietà terriera.

 

Entrambi hanno il MERITO di aver messo in luce il nodo storico e cioè la estraneità fra lo stato liberale e le classi popolari, e quindi la incapacità della classe dirigente di affrontare il problema storico della democrazia, ha invece il LIMITE che il fascismo dentro questa ottica perde le sue caratteristiche e diventa un fenomeno metastorico e questo ha come conseguenza che rimangono in ombra i suoi caratteri originali, e non si colgono i fattori principali che avevano determinato la vittoria del fascismo, e non riesce neanche a cogliere il nuovo tipo di Stato che il fascismo si apprestava a costruire.

 

Tutta la storiografia dal secondo dopoguerra in poi fu influenzata da queste interpretazione e si mosse principalmente con l’obiettivo di prendere le distanze dal fascismo.

Gli anni 50/60 furono caratterizzati da studi che avevano un carattere spiccatamente etico politico, che si esplicitava sul piano delle contrapposizioni dei valori: Libertà uguale democrazia - fascismo uguale dittatura

Il fascismo veniva analizzato solo come dittatura lasciando in ombra la sua dinamicità e la sua evoluzione interna.

Il fascismo , seguendo l’ interpretazione crociana ,era visto proposto e studiato come una struttura imposta dall’alto, senza un legame con le masse.

Sono anche gli anni in cui in Italia nasce cresce una nuova generazione di storici che ha come riferimento il marxismo, e che quindi interpreta il fascismo come espressione delle classi dominanti del capitalismo italiano, ciò significava dire in sintonia con la tesi di benedetto croce che il fascismo era espressione di una stretta minoranza, a prescindere da quale minoranza si stesse parlando.

E’ solo negli anni 70, con l’apertura dell’archivio centrale dello stato, che assistiamo ad un primo cambiamento al precedente tipo di analisi storica, che ha come conseguenza anche lo spostamento degli studi dalle origini agli anni del regime.

RENZO DE FELICE (1929-1996) e la corrente revisionistica 

Negli ultimi suoi scritti emerge un distacco critico dall’Italia repubblicana. Ha proposto una lettura dell’8 settembre 1943 come una catastrofe nella quale è caduta la nazione Italiana, la stessa idea di nazione secondo Lui non è più legittima e nega ogni possibilità per l’Italia di potersi riscattare .

In una intervista rilasciata durante la trasmissione “rosso e nero” nel 1995, Renzo De Felice presenta una immagine desolante dell’Italia fra il ’43 e il ’45, un paese occupato e dilaniato dalla lotta armata tra repubblica sociale e Resistenza, che si battono fra l’indifferenza della stragrande maggioranza degli italiani. De felice negai valori della resistenza e in alcuni suoi scritti afferma che proprio ai C.L.N, risalirebbe il vizio d’origine della repubblica: la partitocrazia che 50anni dopo ha dato origine a deleterie conseguenze.

Dalla metà degli anni ‘80 si è formata una corrente d’opinione che ha avuto larga eco: la corrente revisionistica, che fondamentalmente si rifà a De felice con una sostanziale differenza, che mentre de Felice è uno storico che si è avvalso della ricerca per sostenere le sue tesi, la maggioranza della corrente revisionistica ha invece utilizzato gli editoriali, i giornali i programmi televisivi, si è rivolta al grande pubblico con l’intento dichiarato di far nascere un nuovo senso comune su due punti:

-         la cancellazione della memoria critica sul fascismo

-         la cancellazione della memoria antifascista

i primi segnali risalgono agli anni 80 e in particolar modo a Bettino Craxi, che rivalutò il regime fascista in senso positivo sottolineando che fu proprio grazie ad esso che fu costruita una più ampia identità nazionale. 

Dentro il filone revisionista vi sono due aspetti:

-         quello degli ambienti cattolici conservatori, che propendono per una totale svalutazione della lotta armata con conseguente rivalutazione della cosi detta zona grigia, cioè passività e astensionismo quali valori alternativi.

-         Quello della Destra post fascista, in cerca della legittimazione: in questo ambiente si è proposta una reinterpretazione che vorrebbe inglobare fascismo e antifascismo nella storia nazionale, con l’obiettivo di superare schieramenti ideologici in vista della pacificazione, questo atteggiamento ha come conseguenza l’azzeramento dei valori e/o la loro equiparazione

Bisogna capire l’atmosfera che ha generato il fenomeno del revisionismo storico.

Negli ultimi anni i mass media hanno usato in modo strumentale la storia ai fini di una grande polemica politica ideologica, fenomeno che è stato eclatante in Italia ma che non è certamente solo italiano, è la teoria della fine delle ideologie, e dietro vi è il tentativo di legittimare un’unica ideologia, quella neo liberale cioè fine della storia per l’avvenuto trionfo della economia di mercato.

Si è creato un clima culturale fatto di luoghi comuni dove non c’è spazio per una sana critica, che possa aiutarci a capire i nodi complessi che uniscono passato e presente.

I mass media usano schemi semplici per spiegare fenomeni complessi, è l’altra faccia di un presente senza storia, che si avvale della storia non come strumento di crescita ma in funzione di una spettacolarizzazione.
La salvaguardia di una società civile è strettamente collegata alla diffusione non semplificata e non manipolata della storia : LEGGERE IL PASSATO PER AFFRONTARE IL PRESENTE E PREPARARSI AL FUTURO.

 

Ma come è possibile leggere il passato, quando dopo 50 anni, sono ancora in vigore le disposizioni transitorie della Costituzione, e in particolare quella dodicesima:

"è vietata la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista”

La legge 20 Giugno 1952 n°645, ha reso tale disposizione operativa, come è noto a tutti gli addetti ai lavori, ovvero a tutti quegli italiani, che per 50anni sono stati esclusi, e continuano ad essere esclusi dall’art 3 della costituzione, che così dovrebbe essere riscritto:

“ Tutti i cittadini, esclusi quelli individuati dal REGIME ANTIFASCISTA COME FASCISTI, hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza di lingua di religione, di OPINIONI POLITICHE “

e parimenti andrebbe riscritto l’art 21 :

“ Tutti, esclusi quelli individuati dal REGIME ANTIFASCISTA COME FASCISTI, hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto, ed ogni altro mezzo di diffusione. “

La sopraccitata legge, all’art 1 definisce in modo chiaro ed inequivocabile, cosa si debba intendere per riorganizzazione del disciolto partito fascista, ed è riportato in calce al codice penale all’art 270, articolo che se fosse stato applicato avrebbe risolto molti problemi relativi alla legittimazione del P.C.I.:
”Chiunque nel territorio dello Stato, promuove costituisce, organizza o dirige associazioni dirette a stabilire violentemente la dittatura di una classe sociale sulle altre, ovvero a sopprimere violentemente una classe sociale o comunque a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali costituiti nello Stato è punito con la reclusione da 5 a 10 anni “ ( per la reclusione del Partito Fascista la pena è da 3 a 5 anni ).

Mi sembra senza peccare di parzialità che la dittatura del proletariato e il sovvertimento dell’ordine sociale, sia uno dei PRINCIPI FONDAMENTALI del Marxismo e del P.C.I & C. e allora perché non li hanno arrestati tutti ?

Sarà finalmente possibile iniziare a discutere sul fascismo ( non come regime ) ma come ideologia che è quanto di più partecipativo e democratico possa esserci, vedi il programma dei fasci, il manifesto futurista e la carta di Verona? 

Sarà finalmente possibile dire che il Fascismo è un momento storico della Destra, la quale è prima e dopo il fascismo, ma che inequivocabilmente lo contiene?

 

IL RISORGIMENTO E LA NATURA DELLO STATO LIBERALE

 

Abbiamo più volte detto nelle pagine precedenti che parlare della nascita e dell’avvento del fascismo significa analizzare il rapporto esistente fra di esso e la storia d’Italia, intendendo con ciò, tutta la nostra storia, dall’impero romano alla nascita dei comuni e dei principati passando per il medioevo. Un percorso da riscrivere, avendo come obiettivo la comprensione delle dinamiche etico politiche della società attuale e non una manipolazione degli avvenimenti tesa a giustificare una storiografia scritta dalla sinistra per imporre una lettura propedeutica a giustificare il primato degli attuali disvalori, senza che si possa individuare in questo primato tutta la responsabilità storica politica e morale della sinistra. 

E’ un lavoro che ci auguriamo che prima o poi venga affrontato e divulgato nelle scuole, in questa sede ci limiteremo a ricostruire, con brevi cenni, i fattori che influenzarono la nascita del fascismo, e cioè la crisi dello stato liberale, nei 60anni che precedettero l’avvento del fascismo. 

 

IL RISORGIMENTO ITALIANO

 

1814-1815: all’indomani del congresso di Vienna, l’Austria ottiene il Lombardo Veneto , stroncando ogni pretesa di autonomia

Nel Regno di Savoia il tentativo di restaurazione dell’ancien regime fu invece condotto da Vittorio Emanuele I, mentre lo Stato Pontificio è sotto la guida di PIO VII, e il regno delle Due Sicilie, formalmente costituito nel 1816 attraverso la fusione del regno di Napoli e di Sicilia, fu guidato fino al 1820 da Luigi De Medici, un abile ministro incaricato a ciò da Ferdinando IV.

I vari regimi , pur in modo diverso, impedirono alle opposizioni politiche di organizzarsi in modo legale, favorendo in questo modo la nascita delle società segrete, che avevano in comune l’idea di attuare un colpo di stato, capace di rovesciare i vari regime : è l’idea della rivoluzione, che costituirà poi il patrimonio ideale del fascismo nella sua prima fase. 

Nei libri di testo scolastici, scritti da autori di sinistra ed editi da case editrici di sinistra, normalmente le società segrete vengono descritte come strutture fortemente gerarchizzate:

“che ebbero una base sociale che lasciava all’esterno il proletariato e i contadini, il mondo delle società segrete era generalmente composto da aristocratici, che non accettavano l’ordine costituito. Erano le società segrete che dovevano mettere in moto il processo rivoluzionario.Alle grandi masse popolari, assenti come erano dalla scena politica, veniva riservato tutt’al più la funzione di appoggiare dall’esterno i moti rivoluzionari.”

(L’età contemporanea di Massimo Salvatori pag 847.) 

Una lettura di questo tipo è fortemente faziosa e propedeutica ad una interpretazione di parte,sul successivo percorso storico, che portò alla nascita del fascismo.

Il Risorgimento fu uno dei temi ideali del fascismo, disconoscerne quindi la portata rivoluzionaria, in quanto non coinvolse le masse popolari e contadine significa incasellare la prima fase della nascita del fascismo in un fenomeno meramente legato agli industriali e capitalisti, tesi questa sostenuta da intellettuali da quattro soldi, a cui non interessa comprendere quello che effettivamente avvenne e i motivi per cui avvenne, ma interessa solo liquidare il fascismo come un regime dittatoriale, che fece esclusivamente gli interessi della borghesia, della monarchia e degli industriali.

Liquidare così, le società segrete, la lotta per la libertà che incendiò i cuori dei suoi adepti e sulle cui ceneri sorse e maturò il risorgimento Italiano, significa anche poter tacere su quella parte di intellettuali, che approdarono al fascismo provenendo direttamente dal sindacalismo rivoluzionario, e che affondava le sue radici ideologiche proprio nel risorgimento.

 

Posizioni e tesi che meriterebbero un approfondimento in quanto rappresentano la chiave di lettura per comprendere quello che in fondo è sempre stato prima, il problema del fascismo, poi del MSI e adesso

di AN : le sue due anime.

  • Da una parte la sinistra fascista che si presentava come l’erede di un risorgimento progressivo e popolare la cui naturale conclusione doveva essere la rivoluzione.
  • Dall’altra la versione idealista interpretata da Giovanni Gentile, che vedeva il Risorgimento come un progetto culturale e politico unitario.

 

1820 –1821     sostenuti dalle società segrete si sviluppano in Spagna e in Italia i primi moti contro la restaurazione,

Gli insuccessi di questi primi moti, insieme agli insuccessi di quelli del 1831 decretarono il fallimento delle società segrete, le risposte a questo fallimento mostrano ancora una volta le “ due anime”

Da una parte Mazzini che nel 1831, fondò la Giovane Italia con un programma che si riferiva essenzialmente al concetto di unità nazionale

Dall’altro i liberali moderati, che auspicavano invece la nascita di una confederazione degli stati italiani, confederazione che secondo Gioberti doveva essere presieduta dal papa, mentre per Cattaneo avrebbe dovuto essere una confederazione strutturata come quella inglese. 

1846   è l’anno che segnò una svolta nella politica dei governi Italiani e Carlo Alberto diventò il maggiore rappresentante di un nuovo spirito di indipendenza.

E’ anche l’anno della crisi economica, e della industrializzazione che iniziata nell’Europa Settentrionale, raggiunse solo alcune regione dell’Italia del Nord acuendo quello che poi sarebbe rimasto un problema non risolto nei secoli a venire :

il divario fra il Nord e il Sud, fra il progresso e l’ arretratezza, fra l’ economia industriale e l’ economia rurale.

E’ purtroppo anche l’anno della nascita del manifesto del Partito comunista (1848 Marx ed Engels) 

1861 L’ Italia aveva raggiunto la sua unità nazionale con esclusione solo del Veneto

rimasta sotto il dominio austriaco e di Roma sotto il dominio del Papa. 

Il 6 giugno 1861 muore a Torino Camillo Benso conte di Cavour. Iniziano i 60 anni dello Stato liberale e della sua crisi, che come abbiamo detto all’inizio è uno dei fattori da analizzare per comprendere la nascita e l’avvento del fascismo.

 

I GOVERNI DI DESTRA DAL 1861 AL 1876 

L’unità era fatta ma fare l’Italia era tutta un’altra cosa.

Gli eredi di Cavour furono coloro che formarono la Destra in seguito definita storica.

Il partito moderato che si presentava come forza di governo, gestiva un paese con 26 milioni di abitanti di cui il 78% era analfabeta, una rete ferroviaria di soli 2100 km, un Nord dove erano maggiormente concentrati i gruppi capitalisti e un sud dove erano concentrati i grandi proprietari terrieri, nell’insieme era un Paese arretrato, dove la miseria era l’unico cibo che gli italiani trovavano sul piatto, quegli stessi italiani che poi divennero tutti fascisti e ai quali il fascismo diede una speranza di riscatto.

Storicamente viene definita Destra Storica quella rappresentazione parlamentare che si formò alla morte di Cavour e che ne ereditò il pensiero e la linea politica.

Le sue radici risalgono però ai primi decenni del XIX secolo, quando in tutta l’Europa andava diffondendosi il movimento romantico, movimento che fu inizialmente ribellione a quel concetto cosmopolita di società proprio della rivoluzione francese. E fu questo spirito ribelle che legò il romanticismo al nazionalismo dando vita a quel liberalismo moderato che generò quei valori culturali e politici definiti e collocati nello schieramento parlamentare della Destra storica. 

Nel corso di questi ultimi decenni grazie a quella battaglia delle parole , che ha visto la sinistra maestra e trionfatrice, siamo soliti associare alla destra storica concetti come conservatorismo, restaurazione, difesa delle classi agiate…. Ma una analisi storica oggettiva che prescinda da qualsiasi posizione ideologica, permetterebbe di riconoscere che fu proprio nel periodo in cui governò la Destra che si compì l’unità nazionale da un punto di vista legislativo e amministrativo, e fu proprio in quel periodo che per la prima volta, grazie a quell’eminente economista di destra che fu Quintino Sella, che il bilancio dello stato venne portato a pareggio. 

Sella fù anche uno dei più validi sostenitori di Roma capitale inducendo il governo ad occuparla, incoraggiò l’istruzione professionale, promosse inchieste sulle aree depresse e ideò le casse di risparmio postale .

L’8 aprile 1866 l’Italia firmò l’alleanza con la Prussia, e in seguito alla vittoria di quest’ultima l’Austria cedette il Veneto all’Italia. 

Il 20 settembre 1870 le truppe italiane comandate dal generale Cadorna dopo un breve cannoneggiamento a Porta Pia, entrarono a Roma occupandola, PIO IX, si ritirò in Vaticano e nel luglio 1871 la corte e il Governo si trasferirono a Roma , Capitale d’Italia. E’ l’inizio della cosiddetta questione romana destinata a durare fino al 1929, e che si concluse solo grazie all’opera del Duce.

 

LA SINISTRA ALPOTERE 1876-1887 

Il pareggio del bilancio ottenuto durante il periodo in cui governò la destra, aveva sicuramente avuto come effetto speculare, il sorgere di grandi tensioni sociali, ma aveva scongiurato la bancarotta. 

Facile per la giovane sinistra emergente, gestire le tensioni sociali che si rivelarono un terreno più che prolifero per l’espandersi delle prime associazioni Internazionali dei lavoratori, Marx, Proudhon, Bukinin, furono i protagonisti di questa espansione: la rivoluzione proletaria era il mezzo per sconfiggere lo Stato accentratore.

Quando parliamo di sinistra Italiana intendiamo

-         la sinistra storica piemontese con a capo Depretis

-         la sinistra repubblicana di Mazzini e Cattaneo che ritroveremo poi in alcuni suoi aspetti nella sinistra fascista.-          

La sinistra si presentava al paese come forza progressista , capace di dare una risposta ai bisogni e alle sofferenze della povera gente, di fatto era anch’essa espressione degli interessi della borghesia industriale del Nord e dei proprietari terrieri del Sud.

Quando il ministero Minghetti, cadde il Re incaricò Depretis di formare il ministero che entrò in carica il 25 marzo 1876 e che governò ininterrottamente fino al 1887

Questo periodo storico coincide con la morte dei grandi eroi del Risorgimento.

A ben vedere, Il grande programma riformista della sinistra si ridusse in sintesi a due cose:

- L’abolizione della tassa sul macinato

- La riforma elettorale del 1882: potevano votare tutti coloro che avevano compiuto 21 anni, fossero alfabeti e pagassero un certo tipo di imposte: di fatto era esclusa tutta la massa dei contadini.

Il 29 luglio 1887 Agostino Depretis muore, gli succede Francesco Crispi, un liberale laico anticlericale.,rivoluzionario e repubblicano in origine, si era convertito alla monarchia diventando uno dei principali rappresentanti della Sinistra moderata.

 

Anche i libri di storia di regime, per quanto impegno possano mettere nel seguire un unico indirizzo interpretativo, devono per forza accennare a fatti storici inconfutabili, come quello che bisogna attendere la caduta della destra e la nascita del governo di Agostino Depretis, rappresentante della Sinistra storica, per inaugurare quel processo che già allora fu chiamato trasformismo, matrice culturale della tecnica di governo dell’attuale classe dirigente di sinistra. 

E ancora al suo sucessore , Francesco Crispi, anch’egli degno rappresentante della sinistra va il merito di essersi alleato con i più forti gruppi di industriali e armatori, perseguendo una politica coloniale a loro favorevole, di aver rafforzato l’alleanza con la Germania e l’Austria e di aver portato il bilancio dello Stato sull’orlo della bancarotta.Il governo Crispi cadde nel Gennaio 1891, perché la camera non volle accogliere alcune proposte di inasprimento fiscale. Nel febbraio del 1891 entrò in carica il ministero presieduto dal marchese siciliano Antonio di Rudinì . Nel maggio 1892 gli successe Giovanni Giolitti, che governò quasi ininterrottamente dal 1901 al 1909 e dal l911 al 1914. 

E’ nell’età giolittiana che nasce e cresce il futuro Duce d’Italia Benito Mussolini – Dovia 29 luglio 1883. 

 

L’ETA’ GIOLITTIANA 

All’inizio del secolo la politica di Giovanni Giolitti e dei suoi governi, era stata caratterizzata da una pratica di neutralità nei conflitti fra capitale e lavoro, in un epoca dove questi erano fonte di grandi tensioni sociali,e di prospettive di cambiamento. 

Nel 1910 nasce il Partito Nazionalista che ebbe l’appoggio degli industriali siderurgici. Il punto centrale del programma del partito nazionalista riguardava il fatto che tutte le forze della nazione, dovevano essere subordinate allo sviluppo della industria, questo comportava l’idea della abolizione della lotta di classe,abolizione che avrebbe avuto come conseguenza lo sviluppo della politica estera: la conflittualità da interna doveva diventare esterna, l’Italia doveva diventare come le altre nazioni, e se è possibile ancora più forte.

La lotta di classe a livello internazionale ha un sottofondo populistico: l’Italia proletaria contro le nazioni plutocratiche, e sarebbe stato il nazionalismo, lo strumento di integrazione ideologica delle classi lavoratrici. Il partito nazionalista rappresentò la punta d’acciaio nella polemica contro Giolitti, polemica che investì anche il mondo della cultura, che accusava Giolitti di essere responsabile di una politica di disgregazione della Nazione. Viene messa in discussione l’ idea stessa dello stato liberale.

Un altro fattore di indebolimento dello stato liberale, lo possiamo rintracciare anche nella crescente presenza del movimento cattolico, che cominciò di nuovo a partecipare alla vita politica, con una posizione antisocialista che generò una tendenza al moderatismo clericale. Le posizioni di Giolitti vengono attaccate anche da sinistra, all’interno del movimento operaio.Uno dei punti centrali fu lo sviluppo di una industria moderna, e la crescita di un moderno movimento sindacale. 

Con lo sviluppo dell’industria assistiamo anche ad un cambiamento nella organizzazione del lavoro, l’introduzione delle macchine fece diminuire il lavoro degli operai specializzati. Il nuovo problema che quindi si presentava era quello di chi dovesse esercitare il controllo su questa nuova organizzazione del lavoro:

-le direzioni aziendali rivendicano tutto il potere a se stesse con una organizzazione autarchica mentre operai e sindacati rivendicano il potere della contrattazione che è però un limite alla produttività.

Sono questi i temi che cominciano ad essere al centro della lotta operaia a livello europeo:vi è un emergere di nuovi protagonismi sociali, gli operai non qualificati premono per l’unità e la omogeneità all’interno della loro stessa classe, lo scontro sociale diviene sempre più drammatico: gli scioperi e le vertenze diventano sempre più politici e sempre meno sindacali.

In Italia la conflittualità di classe assume una valenza politica che coincide anche con la guerra in Libia : la protesta popolare contro la guerra e la protesta sociale si saldano, è l’apogeo e la crisi del socialismo riformista. E’ l’aprirsi di una nuova era che avrebbe richiesto un nuovo tipo di partito socialista, cioè un partito che superasse la fase del ribellismo anarcoide che aveva caratterizzato il movimento operaio.

Ma il nucleo di debolezza del socialismo riformista era la convinzione che alla crescita industriale potesse corrispondere la crescita della democrazia. Questa idea avrebbe avuto due conseguenze:

-         rinuncia da parte del riformismo socialista di un programma generale di riforme strutturali sulle questioni lasciate irrisolte dal risorgimento.

-         Primato attribuito alle riforme sociali, cioè l’immediato miglioramento delle condizioni dei lavoratori, lasciando fuori quindi le grandi riforme

La conseguenza di ciò fu che il socialismo riformista non divenne un soggetto del processo di democratizzazione e quindi fino al 1913 lo Stato rimane uno Stato oligarchico, e parimenti il movimento socialista non riesce ad essere protagonista nella soluzione degli squilibri strutturali sul piano economico.

Movimento operaio e socialismo si percepiscono quasi come una sorta di società separata, con la tendenza a vedere nella propria salvaguardia la chiave di volta della propria collocazione, questo comportava la subordinazione del socialismo alla politica giolittiana, ed ebbe come implicazione che la crisi del sistema liberale fu anche la crisi del socialismo riformista e che la corrente intransigente rivoluzionaria del socialismo, comincerà ad avere un forte peso nella direzione del PSI, ottenendo quasi il 40%.

 

LA GRANDE GUERRA 1914-1918

1914 

Il 23 Luglio la crisi provocata dall’attentato di Sarajevo subisce una improvvisa accelerazione. L’Austria forte dell’appoggio della Germania, presenta alla Serbia un ultimatum. Il governo di Belgrado, sostenuto dalla Russia, il 25 Luglio ordina la mobilitazione.

Il ministro degli esteri Italiano Antonio di San Giuliano, avverte gli ambasciatori a Vienna e a Berlino che l’Italia non si ritiene obbligata ad intervenire sia per la mancata consultazione da parte dell’Austria, sia per la natura difensiva della triplice. I rapporti con Vienna, del resto sono già tesi per il rifiuto austriaco di considerare la cessione del Trentino una possibile contropartita.

Il 27 luglio il gruppo parlamentare del PSI approva una dichiarazione a favore della neutralità e chiede la convocazione di una conferenza dei partiti socialisti per fermare la guerra.

Il 28 luglio l’Austria dichiara guerra alla Serbia

Il 31 luglio il governo Italiano delibera la neutralità.

Il 1° Agosto la Germania dichiara guerra alla Russia

IL 2 Agosto la neutralità dell’Italia viene dichiarata ufficialmente. Lo stesso giorno il Re approva le linee direttive del piano sottopostogli da Luigi Cadorna, nuovo capo di stato maggiore

Sempre il 2 Agosto la Germania occupa il Lussemburgo e il 3 agosto dichiara guerra alla Francia, il giorno seguente l’Inghilterra dichiara guerra alla Germania e il 6 Agosto l’Austria dichiara guerra alla Russia. 

Il 9 Agosto San Giuliano comunica per la prima volta a Salandra, le proposte avanzate da Russia e Gran Bretagna, perché Roma si schieri a fianco dell’intesa.

Inizia intanto a formarsi lo schieramento di quello che sarà definito l’interventismo democratico, cioè coloro che vedevano la guerra, non come espansione territoriale ma come completamento dell’unità nazionale, una specie di 4° guerra di indipendenza e di affrancamento dall’impero Austro –Ungarico. aderiscono all’interventismo democratico gli irredentisti Trentini e Triestini.

Il 20 settembre manifestano a Roma tutte le correnti dell’interventismo democratico, mentre il PSI approva un documento che condanna ogni interventismo

Il 18 ottobre Mussolini pubblica sull’Avanti, un articolo a favore dell’interventismo democratico, il mutamento di rotta viene sconfessato due giorni dopo dalla direzione del PSI. Meno di un mese dopo il 15 novembre Mussolini sarà alla guida del Popolo d’Italia, finanziato da Filippo Naldi, direttore amministrativo del resto del Carlino. 

Il 24 novembre la sezione socialista milanese espellerà Mussolini dal Psi.

IL 31 ottobre si dimette il governo Salandra, ma il re gli riaffida l’incarico, e Salandra il 5 novembre presenta il nuovo governo sostanzialmente uguale al precedente, con un'unica novità rilevante: Sonnino assume gli esteri.

Nella prima settimana di Novembre la Turchia entra in guerra a fianco degli imperi centrali.

Nasce in dicembre la Banca Italiana di sconto. L’operazione guidata dai fratelli Perrone, proprietari dell’Ansaldo e accesi sostenitori dell’intervento è sostenuta da gruppi finanziari francesi.

Il 5 dicembre alla camera Salandra ottiene la fiducia al termine di un dibattito dai forti toni interventistici.

Il 9 Dicembre Sonnino riprende le Trattative con l’Austria.

Qualche giorno prima gli Austriaci hanno occupato Belgrado il che comporta a norma dell’art 7 del trattato con la Triplice, compensi a favore dell’Italia.Di fronte al silenzio di Vienna l’Italia procede tra il 25 e il 26 Aprile all’occupazione di Valona.

A questo punto i colloqui italo- austriaci si interrompono . 

1915 

Il 13 gennaio un violento terremoto distrugge Avezzano, dai ritardi nei soccorsi i neutralisti prendono spunto per denunciare l’impreparazione dell’Italia alla guerra

Il 12 Febbraio Sonnino da istruzioni all’ambasciatore a Vienna, perché comunichi al ministro degli esteri austriaco l’inutilità di continuare a trattare

Il 4 marzo si aprono a Londra i negoziati con l’intesa. Nei giorni precedenti Cadorna, sollecitato da Sonnino ha garantito che entro due mesi l’esercito sarà pronto a combattere

Il 26 Aprile L’Italia firma il patto di Londra, cioè l’impegno ad entrare in guerra entro un mese contro tutti i nemici dell’intesa, ma è solo il 7 maggio che Sonnino informa il consiglio dei ministri, finora all’oscuro di tutto, della firma del patto di Londra, e Vittorio Emanuele III dichiara di essere pronto ad abdicare qualora la camera voti contro l’intervento a fianco dell’intesa.

Il 10 maggio Giolitti rientrato a Roma dopo lunga assenza propone a Salandra di sciogliere gli impegni con l’intesa e si pronuncia per la ripresa delle trattative con l’Austria. Due giorni dopo lo statista riceve il biglietto da visita di 420 tra deputati e senatori, chiara testimonianza del favore riscosso dalla linea neutralista

Il 13 maggio, Salandra presenta al Re le dimissioni, iniziano tre giorni di delirio patriottico, e le manifestazioni cominciano ad essere rivolte contro il parlamento, considerato estraneo alla nazione. Nelle manifestazioni del cosi detto maggio radioso, nasce per la prima volta il sovversivismo di destra, e gli interventisti impongono la loro volontà.

Il 16 maggio il re respinge le dimissioni del governo, senza attendere le decisione dello stesso parlamento, mentre i socialisti scelgono una linea che sarà riassunta nella formula “ne aderire né sabotare”

I giorni successivi vedono l’avvio della mobilitazione generale, e l’emanazione di una serie di decreti che ampliano a dismisura la sfera di intervento dell’autorìtà militare.                            

Il 23 MAGGIO 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria,e il 24 maggio iniziano le ostilità. Sul fronte dell’Isonzo, lungo un centinaio di Kilometri, irto di ostacoli naturali che gli austriaci hanno provveduto per tempo a fortificare, Cadorna lancerà fino all’agosto 1917 undici attacchi frontali, che avranno come unico risultato una immane  carneficina.                                        

 

1916 

Febbraio: esplode il contrasto tra il ministro della guerra Zupelli e Cadorna.

Dall’11 al 19 marzo si svolge la quinta battaglia dell’Isonzo, con perdite sproporzionate alla modestia dei risultati.

Il 14 maggio gli Austriaci scatenano in Trentino la STRAFEXPEDITION, cioè la spedizione punitiva contro l’Italia ritenuta colpevole di tradimento. L’offensiva preparata da febbraio e sottovalutata da Cadorna mette in crisi le difese italiane, solo la penuria di riserve, richiamate in gran fretta sul fronte orientale, impedisce agli austriaci di sfondare in pianura.

Il 28 maggio gli Austriaci prendono Asiago. Indebolito dalle tensioni il 12 GIUGNO Salandra si dimette, e il Re affiderà l’incarico a Paolo Boselli, che presenterà un ministero di larga unità nazionale..

Il primo Luglio quello che la stampa definisce il “ ministero nazionale “ ottiene la fiducia.

Il 4 Agosto ha inizio la sesta battaglia dell’Isonzo, dopo aspri combattimenti gli Italiani entrano a Gorizia, la conquista della città priva di sbocchi strategici è costata oltre 70.000 tra morti e feriti.

Al termine della nona battaglia dell’Isonzo ( 4 novembre), l’esercito italiano avrà esaurito per mesi ogni capacità offensiva.

Il 27 agosto l’Italia dichiara guerra alla Germania, mettendo così fine al principale motivo di attrito con gli alleati, che avevano il sospetto che Roma volesse riservarsi una sfera separata di intervento.

 

1917 

Il 25 febbraio si apre a Roma la conferenza nazionale del Psi.

La discussione approfondisce la rottura tra riformisti, disposti a collaborare con il governo nella assistenza delle famiglie dei richiamati e dei lavoratori, e i massimalisti che rifiutano ogni contatto con le forze responsabili dell’intervento.

L’8 marzo (23 febbraio secondo il calendario ortodosso) scoppia in Russia la rivoluzione, e al termine di quattro giorni di disordini lo zar abdica.

Il 6 aprile gli Stati Uniti dichiarono guerra alla Germania.

Nei mesi di aprile e maggio si verificano a Milano e in altri centri della Lombardia agitazioni contro il carovita. La protesta contro la penuria di generi alimentari sfocia rapidamente in tumulti contro la prosecuzione della guerra

Il 12 maggio Cadorna lancia la decima battaglia dell’Isonzo che si protrarrà fino al 28 maggio. Il 5 giugno i fanti della brigata Catanzaro danno vita ad un tentativo di ammutinamento che viene represso con estrema durezza, il grave episodio è la spia di una situazione comune a tutti gli eserciti. A tal proposito bisogna ricordare che la organizzazione e la disciplina dell’esercito italiana subiva la influenza delle teorie dello psicologo Agostino Gemelli, appartenente allo staff dei collaboratori di Cadorna, secondo Lui per ottenere la fedeltà dei combattenti questi dovevano essere privati del tutto della loro personalità, il combattente doveva essere docile apatico e subordinato e la guerra era l’eroico strumento per forgiarlo.

Cadorna e gli interventisti attribuiscono alla propaganda socialista disfattista l’origine degli episodi di indisciplina e sollecitano provvedimenti repressivi.

Venendo incontro alle richieste alleate di alleggerire la pressione sull’esercito russo, Cadorna lancia il 18 agosto l’undicesima battaglia dell’Isonzo, l’attacco porta alla conquista dell’altopiano della Bainsizza.

Le perdite italiane sono spaventose, 165.000 uomini tra morti e feriti, ma anche lo schieramento nemico mostra segni di cedimenti. 

Il 24 ottobre, favoriti da alcuni errori nello schieramento italiano e dalla nebbia che cela i movimenti delle avanguardie nel fondovalle, gli austro- tedeschi sfondano il fronte presso Caporetto e avanzano per Kilometri.

Sotto l’urto incessante la II armata del generale Capello si disunisce, decine di migliaia di soldati fuggono, verso la pianura ritenendo ormai persa la guerra.

Cadorna emana un proclama che attribuisce la disfatta alla viltà dei soldati, e si contano a decine le esecuzioni sommarie degli stessi.

In realtà, come venne dimostrato dalla commissione di inchiesta, istituita nel dopoguerra sulla rotta di Caporetto, l’accusa di Cadorna era falsa : si trattava invece di gravi errori militari.

Cadorna ristabilita la disciplina ordina la ritirata generale e l’arretramento fino al Piave, dietro di esso sono schierate solo 33 unita le uniche rimaste delle 65 divisioni italiane.

A Roma intanto il ministero nazionale di Borselli ha ceduto il posto al governo Orlando, e il primo compito che il gabinetto affronta è la riorganizzazione del Comando supremo. Il 9 novembre Cadorna è sostituito da Armando Diaz.

Tra il 6 e il 7 novembre i Bolscevici prendono il potere in Russia: il nuovo governo decreta la cessazione delle ostilità e la pubblicazione di tutti i trattati stipulati dalla Russia

Dal 10 al 26 novembre gli Austro-tedeschi tentano invano di   forzare le difese del Piave. 

 

1918 

L’8 Gennaio il presidente americano Woodrov Vilson annuncia al congresso i 14 punti che dovranno guidare la sistemazione post bellica, propone la rinuncia a conquiste e annessioni, le frontiere italiane dovranno quindi essere fissate secondo linee di nazionalità chiaramente riconoscibili.

Sonnino è contrario, mentre Orlando e favorevole alla ricerca di una pace di compromesso

Il 24 gennaio vengono arrestati e quindi condannati per incitamento al disfattismo il segretario del Psi , Costantino Lazzari e il vicesegretario Nicola Bombacci

Il 1 giugno esauritasi da poco la grande offensiva che ha riportato i tedeschi a minacciare Parigi, si apre la conferenza interalleata di Versailles. 

Alla metà del mese preparata da un violento bombardamento di artiglieria, scatta la grande offensiva austriaca. La battaglia del solstizio porta gli attaccanti a conquistare alcuni obiettivi sull’altopiano di Asiago e a varcare il Piave in tre punti, ma l’esercito italiano resiste infliggendo all’avversario perdite pesantissime.

Sul fronte occidentale l’8 agosto gli inglesi appoggiati da 50 carri armati rompono le linee tedesche presso Amiens. Per la Germania è la prima vera sconfitta nel corso della guerra. 

Il 24 ottobre Diaz lancia l’offensiva finale. 

Il 29 gli Austriaci chiedono l’armistizio, l’impero è in dissoluzione. Le truppe italiane raggiunto Vittorio Veneto proseguono l’avanzata. Il 3 novembre entrano a Trento, contemporaneamente un reparto di bersaglieri sbarca a Trieste. 

Lo stesso giorno viene firmato presso Padova, a Villa Giusti, l’armistizio che fissa la fine delle ostilità per le ore 15 del 4 novembre. 

L’11 novembre con la firma dell’armistizio da parte della Germania, termina la prima guerra mondiale.

 

IL DOPOGUERRA E L'ASCESA DEL FASCISMO

Il conflitto si chiude con un bilancio gravissimo:

680.000 morti

500 000 mutilati ed invalidi

1.000.000 di feriti

L’Italia conserva fondamentalmente la sua fisionomia di paese ad economia mista, agricola ed industriale, ma il cambiamento dovuto alla guerra era che la borghesia aveva acquistato una maggiore consapevolezza di se, tanto da rivendicare il ruolo di classe egemone della Nazione, e questo grazie al ruolo svolto dalle industrie durante il conflitto.

La mobilitazione bellica aveva favorito la proliferazione e l’ingrandimento delle fabbriche soprattutto di quelle siderurgiche meccaniche e tessile ma sorsero anche quelle chimiche e quelle elettriche.

Inizia in questo periodo la rivalità fra le più grosse industrie per ottenere il controllo delle banche.

I salari reali degli operai erano caduti di circa un terzo rispetto al 1914, e già allora quelli italiani erano fra i più bassi d’Europa.

Durante la prima guerra mondiale, nell’agricoltura si era invece realizzato un processo inverso a quello industriale,le terre erano state abbandonate, e il settore agricolo non era certamente stato favorito dallo Stato. Si arricchiscono con il mercato nero solo i medi proprietari agricoli che alla fine del conflitto avranno possibilità di reinvestire i lauti guadagni ottenuti con il mercato nero. E questo avviene soprattutto al Nord.

Ma in generale possiamo dire che la guerra rappresentò per il totale della popolazione un impoverimento generale, in particolare gli impiegati hanno una diminuzione in termini relativi del loro reddito più forte di quello degli operai.

Emerge così il primo problema sociale

-         la disuguaglianza nella distribuzione del costo economico e umano della guerra

-         la società italiana esce dalla guerra divisa e frammentata. 

Da un lato quindi i gruppi sociali maggiormente colpiti rivendicheranno il prezzo dei sacrifici sopportati, mentre i pochi altri cercheranno di mantenere i privilegi acquisiti

Contadini coloni mezzadri attendono il riconoscimento dallo Stato,e il mantenimento delle promesse fatte dopo Caporetto. 

Nel 1919 ben pochi potevano immaginare quello che sarebbe successe e il crollo dei sistemi considerati invulnerabili.

La lotta operaia conquistò contenuti nuovi, soprattutto per la forte presenza di mano d’opera giovane, non specializzata e non abituata alla disciplina di fabbrica, e fu questo tipo di operai che entrò in conflitto con le maggiori rappresentanze sindacali.

Si arriverà a conflitti sociali senza precedenti per dimensioni e durata:

i numeri possono dare un’idea di quello che è successo:

FRANCIA

     1909               1237 scioperi             233.000 scioperanti

1919             2000 scioperi         1.150.000 scioperanti

1920             1800 scioperi         1.316.000 scioperanti 

GERMANIA

       1909/13         2781 scioperi           6.000. 000 ore lavorative perdute

       1919             3682 scioperi         32.000.000 ore lavorative perdute 

INGHILTERRA

       1909                 780 scioperi           15.000.000 ore lavorative perdute

       1919               2300 scioperi           35.000.000 ore lavorative perdute 

STATI UNITI

       1909                       700.000 scioperanti

       1919                   4.000.000     scioperanti 

Questi dati corrispondono a contenuti profondamente nuovi:

-         per la prima volta vengono raggiunte importanti conquiste sindacali

-         la contrattazione tende a superare i limiti passati, quando le vertenze riguardavano esclusivamente gli orari e i salari, mentre ora comincia ad entrare in merito alla organizzazione del lavoro . 

Cresce all’interno della fabbrica un nuovo potere da parte degli operai. Per la prima volta nel 1919, i livelli salariali raggiungono l’indice del costo della vita, ovvero vi fu un aumento dei salari reali. Vi è una tendenza a rifiutare il salario a cottimo, rifiuto inteso come memento di riappropriazione del controllo del proprio lavoro.

I rapporti di potere all’interno delle fabbriche si vanno modificando e i sindacati al cui interno era cresciuto il peso degli operai non qualificati tendono a trasformarsi in movimenti di grande rappresentanza del mondo del lavoro operaio, inizia cioè la rappresentanza diretta: i consigli di fabbrica. Si attuano nuove forme di lotta come lo sciopero bianco, e la occupazione delle fabbriche, spesso gli scioperi sono spontanei e scavalcano le stesse organizzazioni sindacali.

Questo ciclo di lotte porterà alla realizzazione del grande obiettivo storico: la giornata di otto ore lavorative.

Il panorama sociale Europeo avrà proprio come sua caratteristica la lotta operaia, che è poi solo una parte di un fenomeno più grande: la mobilitazione e il nuovo protagonismo delle masse, che la guerra aveva costruito e che nel dopoguerra si affacceranno sulla scena politica.Anche nel mondo femminile vi sarà un punto di non ritorno , l’800 è proprio finito.

Nascono i moderni partiti e i nuovi sindacati con un impatto fortissimo sulle istituzioni, la estensione del voto modificherà i sistemi liberali che avevano limitato i ceti votanti. Nascono nuovi mezzi di informazione, il cinema i settimanali illustrati i quotidiani, e con questi nuovi strumenti, così come aveva ben compreso il Duce l’opinione delle masse poteva essere influenzata e guidata. 

IL BIENNIO ROSSO 

In Italia il biennio rosso ha una sua specificità e le tensioni sono rese più dirompenti dal carattere fortemente frammentario delle forze politiche e dagli squilibri presenti nella organizzazione della società civile, congiuntamente alla debolezza del consenso delle masse alla classe liberale.

La conflittualità fu caotica e disorganizzata e si ritorse contro lo stesso movimento socialista. Un’altra caratteristica esclusivamente italiana, sarà la attivazione del mondo agricolo, perché coincide con le caratteristiche del socialismo italiano che aveva la sua culla nella campagna e non nella città

La pianura Padana al Nord e la Puglia al Sud sono interessate da una ondata di lotte bracciantili, e accanto a loro scenderanno in lotta anche le altre categorie intermedie delle campagne, i mezzadri, gli affittevoli, i coloni, categorie che prima della guerra erano contrapposte. Vengono fatte alcune conquiste contrattuali fra le quali la più importante furono le 8 ore lavorative per i braccianti.

L’ufficio di collocamento, ovvero le leghe bracciantili hanno il controllo totale del lavoro e della occupazione,sarà questo uno dei motivi che permise il diffondersi del nascente fascismo: gli squadristi cominciarono a raccogliere consensi opponendosi alle imposizioni della lega.

Ma la classe liberale non sa cogliere i i cambiamenti in atto e non è capace di rinnovarsi allargando il consenso alle masse, offrendogli un terreno nuovo di partecipazione.

Si chiuderanno in una politica che cercherà di recuperare il vecchio sistema di potere, per ottenere ciò cercarono di strumentalizzare ed utilizzare il fascismo, sbagliarono totalmente i conti e si dissolsero sotto la rivoluzione innovatrice fascista

Il problema di fondo è che non esiste un moderno partito liberale, ma tante clientele e personalità in aspro contrasto fra di loro e fortemente divisa al suo interno fra neutralisti ed interventisti, ciò avrà come conseguenza che le forze liberali si presenteranno alle elezioni del 1919, divisi in due blocchi contrapposti:

  • Il primo blocco è quello chiamato BLOCCO DELLA VITTORIA composto dagli interventisti e dalla destra nazionalista
  • Il secondo blocco è invece composto dai vecchi rappresentanti dei neutralisti e più in generale da tutti quelli non entusiasti della guerra.
  • La spaccatura è espressa anche dai quotidiani, come ad esempio il Corriere della sera, che sosteneva il blocco borghese contro Giolitti, e riproponeva un governo guidato da Salandra.

Un’altra tendenza molto forte di questo periodo è quella espressa degli ambienti economici, che vogliono assumere un ruolo politico indipendente,e ad esempio di ciò  

Viene eletto alla camera, il Presidente della lega degli industriali Gino Olivetti

Però il cosiddetto Blocco della Vittoria non è omogeneo per due motivi fondamentali:
1) non c’è alla base il consenso delle masse per rilanciare il discorso liberale di Salandra

2) Vi è un forte contrasto sull’atteggiamento da tenere alla conferenza della pace per la applicazione del patto di Londra

La prima frattura avviene fra il governo ( Orlando e Sonnino) e gli interventisti democratici (Bissolati)

L’Italia avrebbe dovuto rinunciare all’Alto Adige e alla Dalmazia, in nome di una pace demografica e in nome di una politica estera improntata a buoni rapporti con gli stati sorti dalla dissoluzione dell’impero Austro ungarico.

Bissolati si troverà ad essere una specie di capo senza esercito, da un lato gli interventisti che erano vicini alle posizioni del governo, dall’altro lato la sinistra, che invece non la può sostenere perché troppo legato al fronte interventista. 

L’11 gennaio 1919, a Milano, il discorso alla scala di Bissolati, favorevole ad una politica di accordo con la Jugoslavia, viene duramente contestato, dai nazionalisti dai futuristi e da Mussolini, e non solo fu contestato dagli avversari. ma non ebbe neanche la solidarietà degli altri partiti.

Intanto alla conferenza della pace a Parigi la delegazione italiana ( Sonnino Orlando) chiede la integrale applicazione del patto di Londra, respingendo inoltre la “ linea Wilson” che non contemplava l’annessione di Fiume. I ministri italiani rimangono sostanzialmente isolati perché i Francese e gli Inglesi non si sentono vincolati dal patto di Londra. 

Il 23 Aprile, a trattative ancora in corso, il Presidente americano, prende l’iniziativa di appellarsi direttamente al popolo italiano, con l’obiettivo di ottenere un consenso plebiscitario, scavalcando Sonnino e Orlando. Questi abbandonano il giorno dopo la conferenza di Parigi in segno di protesta. Il loro ritorno in Italia è salutato con grande favore da una opinione pubblica che inizia a credere al mito della vittoria mutilata.  

Il 29 Aprile la Camera approva a larga maggioranza la politica estera del governo.

Il primo maggio esce a Torino il settimanale “ Ordine Nuovo “ ideato da Antonio Gramsci e Angelo Tasca, giovani intellettuali della sinistra socialista, in contatto con il proletariato di fabbrica.Il 7 Maggio Orlando e Sonnino riprendono il loro posto alla conferenza di Parigi ma non riescono ad evitare che Francia Inghilterra e Giappone si spartiscano le colonie tedesche in base ad accordi conclusi in loro assenza. Il 29 maggio l’Italia ottiene però una vittoria diplomatica: il confine con l’Austria risulta più favorevole di quanto previsto nel patto di Londra.Giugno 1919 cade il governo Orlando, il Re da incarico a Francesco Saverio Nitti, che il 23 Giugno forma il nuovo governo caratterizzato dalla presenza di molti esponenti giolittiani.Il 29 settembre la camera si scioglie e vengono fissate le nuove elezione che si svolgeranno il 16 novembre applicando la nuova riforma elettorale in senso proporzionale: il partito socialista (156 deputati) e il partito popolare (100 deputati) conquistarono più del 50% dei voti, per la prima volta la classe dirigente liberale perde il controllo dei voti e dei seggi, non è più l’arbitro assoluto dei destini dell’Italia, l’ora del fascismo si avvicina. 

Il PARTITO SOCIALISTA ITALIANO 

Le origini di un movimento operaio indipendente furono in Italia tardive, in corrispondenza con l’arretratezza dello sviluppo capitalistico industriale.

La internazionale estese la sua influenza in Italia grazie a Bakunin,.fu così l’anarchismo, con il suo vangelo di immediata ribellione sociale,e non il socialismo la prima ideologia del movimento. In italia il Psi nacque per opera di FILIPPO TURATI.

Alle elezioni del novembre 1919 ha ottenuto il 32%, non ha certamente la maggioranza assolta.

Il sistema proporzionale ha premiato i partiti conservatori pescando nell’elettorato del Sud, infatti su 156 deputati socialisti eletti 131 sono eletti nell’Italia del Nord. 

Tre sono le scelte che il PSI, può fare:

1)       abbandonare il Parlamento e preparare l’azione diretta nel Paese

2)       restare nel parlamento e creare il secondo potere che dovrebbe rimpiazzarlo

3)       realizzare nel parlamento e nel paese le alleanze indispensabili al compimento della rivoluzione democratica.

Ma il partito socialista è come paralizzato ed incapace di interpretare le aspirazioni del popolo Italiano, lo farà al posto suo il fascismo. 

Scriverà Mussolini sul popolo d’Italia il 22 Novembre 1919:

“ la massa che ha votato per Voi lo ha fatto credendoVi . Voi non potete sottrarvi a questo impegno e due sono le strade che potete percorrere, l’insurrezione o l’alleanza con gli altri partiti. Ma forse vi è anche una terza ipotesi, il nullismo fuori e la cagnara dentro.”

Il partito socialista è in un vicolo cieco. Il manifesto redatto nell’agosto del 1919 dalla frazione massimalista, che domina nel partito si pronuncia per una rivoluzione senza transizioni e senza indugi, e rompe definitivamente con il vecchio programma, che risaliva al congresso di Genova del 1892, quando si chiamava Partito socialista dei lavoratori italiani .

La differenza fra il vecchio programma e il nuovo era sostanzialmente quella che il primo ammetteva la lotta intesa a conquistare i poteri pubblici mentre al contrario il secondo affermava che i poteri pubblici non potevano in alcun modo trasformarsi in organismi di liberazione del proletariato.

Che cosa fare ? la mozione massimalista vittoriosa al congresso di Bologna lo spiega, il partito deve lottare per la propaganda dei principi comunisti dentro gli organismi dello stato Borghese per agevolare l’abbattimento di questi stessi organismi.

Ma nella pratica il partito continua ad ubriacarsi di parole a redigere sulla carta dei progetti di Soviet, abbandonando a se stesse le commissioni di fabbrica nel nord e i contadini affamati di terra nel Mezzogiorno 

IL PARTITO POPOLARE 

Il timore di un mutamento sociale diretto dai socialisti, portò il Vaticano ad una decisione storica, e cioè ad autorizzare la formazione di un partito di cattolici italiani, che assunse il nome di partito Popolare. Questo sorse nel gennaio del 1919 sotto la direzione di Luigi Sturzo.

Alle elezioni di Novembre ha ottenuto più di un milione di voti e un centinaio di eletti, e raccoglie i consensi di una gran parte di piccoli proprietari locali, ma il partito popolare ha fin dalle sue origini due anime: una democratica e avida di riforme e una reazionaria.

Fondamentalmente il partito popolare è chiamato durante gli anni 1919/1920 a svolgere un ruolo conservatore, ma agendo come sottolinea Mussolini nella legalità.

Popolo D’Italia 20 gennaio 1919

“ E’ solo questo partito che può sperare di contendere ai socialisti le masse rurali”

(Dal   programma del Partito Popolare Italiano). 

Ad uno stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale uno stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i comuni-, che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private: E’ perché lo stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’istituto parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto alle donne, e il senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici amministrativi e sindacali; vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l’autonomia comunale, la riforma degli enti provinciali, e il più largo decentramento nelle unità regionali. 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMBATTENTI 

Gli ex combattenti sono diffidenti nei confronti delle vecchie caste politiche e tendono tutti a riunirsi nella associazione nazionale combattenti, che terrà il suo primo congresso dal 22 al 27 giugno 1919 a Roma.

Decentramento amministrativo. Adozione del sistema proporzionale, divisione del latifondo costituiscono i cardini del loro programma:

“ Nessun partito, nessuna classe nessun interesse nessun giornale gode la nostra fiducia… organizzati ed indipendenti la nostra politica la faremo noi stessi.” 

I NAZIONALISTI 

Rappresentano la corrente più estrema dell’interventismo, uscivano dalla guerra come un gruppo ristretto ma molto influente con legami molto stretti con i settori più aggressivi dell’industria siderurgica, che finanziavano il loro giornale.

Hanno un programma d’azione molto compatto e determinato.Individuano 2 nemici:

- in politica interna la democrazia

- in politica estera il pacifismo

Riemerge una posizione socialnazionale, determinata a soffocare la conflittualità di classe e che incentiva un imperialismo visto come la via maestra per la espansione nazionale.

Individuano nella moderna borghesia industriale il soggetto cardine e la guida naturale della nazione. Auspicavano in questo modo una società compatta e senza conflitti, in quanto i conflitti trovano il loro sfogo nella politica estera 

GLI ARDITI 

Gli arditi erano stati organizzati come truppe scelte d’assalto durante la guerra nel periodo della trincea, e avevano dato un grosso contributo nelle battaglie del Piave e di Vittorio Veneto, appena terminato il conflitto si ebbero sia in sede militare sia in sede politica, varie prese di posizione contro gli arditi, a causa della loro indisciplina e di vari incidenti con la popolazione civile. Da qui lo scioglimento, alla fine del gennaio 1919, dei loro reparti..

Molti arditi prima della guerra erano stati futuristi e alcuni di essi godevano – per il loro valoroso comportamento – di notevole prestigio tra i loro commilitoni, ricordiamo fra di essi Mario Carli uno dei fondatori di “Roma Futurista” e Ferruccio. Vecchi., fu appunto attraverso di loro che i futuristi riuscirono a legare a se buona parte degli arditi a mano a mano che venivano smobilitati e soprattutto dopo lo smobilitamento dei loro reparti, considerata dalla maggioranza un misconoscimento dei loro meriti e una manovra giolittiana.

Mario Carli aveva pubblicato un appello agli arditi “A ME FIAMME NERE” già nel primo numero di Roma futurista, stabilendo un parallelo fra l’ardito in guerra e il futurista in pace.

Verso la fine del novembre del 1918, Carli si fece promotore di una Associazione fra gli arditi d’Italia che in breve raccolse gran parte degli arditi ( pare circa diecimila) pubblicò un proprio giornale e divenne quasi l’alter ego del partito politico futurista.

Costituivano un raggruppamento piuttosto eterogeneo dal punto di vista sociale e della cultura:

socialmente provenivano da quasi tutte le classi sociali ( in genere erano figli di piccoli borghesi artigiani e operai, culturalmente il loro livello salvo qualche eccezione era molto basso.Comune denominatore dell’arditismo era il coraggio fisico, il disprezzo della morte, l’insofferenza per la disciplina, per l’ordine e una sorta di individualismo anarchicheggiante, tanto anarchico che nel maggio del 1919 veniva proibita la diffusione nelle caserme del giornale considerato bolscevico “L’ardito”. 

Verso gli arditi Mussolini aveva mostrato da subito viva simpatia. Il 10 novembre 1918 salì nel corso della grande manifestazione patriottica svoltasi quel giorno a Milano per la vittoria, su un loro camion e volle poi brindare con un gruppo di essi:

“Arditi, commilitoni, io vi ho difeso quando il vigliacco filisteo vi diffamava. Sento qualcosa di me in voi e forse voi vi riconoscete in me. Rappresentate la mirabile giovinezza guerriera dell’Italia.Il balenio dei vostri pugnali o lo scrosciare delle vostre bombe farà giustizia di tutti i miserabili che vorrebbero impedire il cammino della più grande Italia ! Essa è vostra! Voi la difenderete! La difenderemo insieme!” 

Da quel giorno i suoi rapporti con gli arditi si fecero sempre più stretti. Il 14 gennaio il popolo d’Italia pubblicava un “ appello alle fiamme” in risposta al messaggio, pubblicato una settimana prima, che gli arditi del XXVII reparto d’assalto avevano inviato a Mussolini per ringraziarlo dell’appoggio dato loro e per invitarlo a picchiare sodo contro il vecchiume che ancora “ ci contende il passo”, “ Ti siamo vicini in spirito ma verremmo presto a fiancheggiarti “ concludeva il messaggio.

E pochi giorni dopo, un gruppo di arditi si recava alla redazione del popolo d’Italia

E consegnava a Mussolini, un gagliardetto, simbolo della alleanza che si era stabilita fra di loro. 

IL FUTURISMO 

Il fondatore Filippo Tommaso Marinetti, nasce ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre 1876, dove trascorre l’infanzia e l’adolescenza, rientrato in patria con la famiglia si laurea in legge nel 1899.

Nel 1909 pubblica su “Le figarò” di Parigi il manifesto del futurismo.

Il futurismo da movimento essenzialmente culturale aveva cominciato ad assumere un carattere anche politico attorno al 1910. specie con il programma politico del 1913.

Nel 1914 i futuristi erano stati i primi a scendere in piazza contro l’Austria. Molti futuristi a cominciare da Martinetti erano stati combattenti valorosi.

Il manifesto del futuro partito è il primo significativo documento di quel confuso ma sincero desiderio di radicale rinnovamento politico sociale e morale di quell’ala del combattentismo, che insieme ad una parte dei vecchi interventisti rivoluzionari mussoliniani avrebbero dato vita ai primi fasci di combattimento e impresso loro il carattere e la forma mentis, futuristi e arditi avrebbero costituito in varie località i primi nuclei dei fasci di combattimento, ne rappresentarono il primo embrione organizzativo, ad essi avrebbero portato e infuso uno spirito nuovo, la risolutezza a scendere in piazza ad imporre il proprio sentire, a turare la bocca ai dissidenti, a non temere tumulti e parapiglia, e soprattutto gli impressero un carattere violentemente antimonarchico.

Punti essenziali del manifesto programmatico futurista erano:

Il suffragio universale, esteso anche alle donne e la proporzionale, un parlamento e un senato tecnici, la socializzazione progressiva della terra ( incremento della cooperazione e assegnazione ai reduci), l’espropriazione delle terre incolte e mal coltivate, la nazionalizzazione delle acque e delle miniere, l’industrializzazione e la modernizzazione urbanistica, una energica tassazione progressiva, abolizione dell’esercito ( sino a ridurlo ad un piccolo esercito di professione) la giustizia gratuita e giudici elettivi, la libertà di sciopero, di riunione e di stampa, lo sviluppo economico civile e della istruzione, le otto ore lavorative, la parificazione del lavoro femminile a quello maschile, i contratti di lavoro collettivi, l’assistenza e le pensioni sociali, il sequestro dei due terzi dei profitti di guerra, provvedimenti per i combattenti, un violento anticlericalismo e l’introduzione del divorzio. 

L’avvicinamento e poi la convergenza tra Mussolini e i futuristi in quanto partito furono altrettanto rapidi e completi di quelli con gli arditi, anche se non portarono ad una vera e propria confluenza di tutti i futuristi nei fasci di combattimento.

Le fasi di questo avvicinamento possono essere stabilite con sicurezza e riassunte in quattro momenti chiave:
Nel dicembre del 1918 vi fu l’adesione dei futuristi al progetto di Mussolini della costituente dell’interventismo

In gennaio Marinetti e Mussolini parteciparono entrambi alla manifestazione alla scala contro Bissolati.

In marzo i futuristi intervennero alla fondazione dei fasci di combattimento

In aprile, futuristi e arditi costituivano il nerbo delle forze fasciste che assalirono la sede dell’Avanti a Milano. 

“Marciare non Marcire”, questo il motto di Martinetti, dei futuristi e degli arditi, che li portava a vedere tutto e a voler risolvere tutto in chiave di dinamismo e di azione contro ogni passatismo. 

I FASCI DI COMBATTIMENTO 

IL SIMBOLO:   Nell’antica Roma il fascio era il simbolo dell’imperium del magistrato, insegna e strumento del suo potere coercitivo che si esplicava con la pena della fustigazione e con quella della decapitazione. Era formato con verghe di olmo e di betulle, lungo circa un metro e mezzo, tenuto insieme mediante corregge di cuoio rosse. Nel fascio era inserita una scure sovrastante o inserita lateralmente con il taglio diritto verso l’esterno del fascio. I fasci erano portati dai littori che li tenevano impugnati con la sinistra e li appoggiavano sulla spalla sinistra, precedendo i magistrati romani in carica. 

LA STORIA: I Fasci Siciliani.

Movimento di organizzazione e di agitazione di operai, artigiani ed intellettuali, sviluppatosi in Sicilia fra il 1891 e il 1894. sorse sulla base della tradizione associativa e mutualistica delle confraternite e delle cooperazioni, dell’influsso del nascente socialismo italiano e della componente anarchico popuilista della I internazionale. Nel 1891 in quasi tutte le grandi città siciliani erano sorti i fasci dei lavoratori, organizzazioni che raggruppavano leghe di mestiere, in forma autonoma da ogni influenza padronale, il movimento si estese ben presto anche nelle campagne. La composizione sociale dei fasci mutava da luogo a luogo, nei centri minori era costituito prevalentemente da contadini e braccianti, in altri luoghi da operai .Dopo la fondazione del partito socialista italiano i fasci cominciarono ad agire come movimento politico ( elezioni amministrative 1893), si acuirono allora la paura e la irritazione dei proprietari e della vecchia classe dirigente, che insieme alle autorità prefettizie, cominciarono a fare pressione sul governo affinché procedesse al loro scioglimento. Giolitti si rifiutò, ma Crispi succedutogli alla presidenza del consiglio nel dicembre del 1893 , scelse la via della repressione e soffocò nel sangue tutti i tumulti agrari operando circa 2000 arresti. Nel 1896 caduto Crispi Di Rudinì concedette l’amnistia, molti leader del movimento ritornarono nell’isola.

I fasci dei lavoratori erano morti come formula organizzativa istituzionale ma non come movimento contadino. 

I FASCI DI COMBATTIMENTO 

GENNAIO 1915:poco dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, Mussolini fondò i fasci di azione rivoluzionaria, egli era appena uscito dal partito socialista, e si richiamò ai fasci siciliani, alle loro lotte contro l’eccessivo fiscalismo e contro la borghesia, il simbolo scelto in origine da Mussolini, era il fascio inteso nel senso di unione di forze, tenuti insieme da vincoli ideali e disciplinari in vista di fini comuni da raggiungere, e non nel senso del potere supremo romano 

GENNAIO 1919:Il popolo d’Italia aveva cominciato ad accennare alla opportunità di dar vita a dei fascid ella nuova Italia, di interventisti non rinunciatari. Il progetto passò però alla fase esecutiva solo ai primi di Marzo. Il 2 Marzo il quotidiano di Mussolini pubblico il seguente appello: 

“ I corrispondenti, collaboratori, lettori, seguaci del popolo d’Italia, combattenti ex combattenti, cittadini e rappresentanti dei Fasci della Nuova Italia e del resto della Nazione, sono invitati ad intervenire all’adunanza privata che sarà tenuta in Milanoil prossimo 23 Marzo: Gli amici che interverranno personalmente o in rappresentanza di gruppi sono pregati di avvertirci senza indugio. L’adunata sarà importantissima”. 

A questo primo appello ne seguì un’altro il 6 Marzo, e il 9 marzo nuovamente Mussolini comunicava:

“ Il successo della nostrainiziativa è giàgarantito… il 23 Marzo sarà creato l’antipartito, sorgeranno cioè i fasci di combattimento, che faranno fronte contro due pericoli : quello misoneista di destra e quello distruttivo di sinistra. Sarrà fissato un programma di pochi punti, ma precisi e radicali…”

“…. Noi vogliamo l’elevazione materiale e spirituale dei cittadini Italiani e la grandezza del nostro popolo nel mondo. Quanto ai mezzi, noi non abbiamo pregiudiziali accettiamo quelli che si renderanno necessari, i legali e i cosiddetti illegali. Si apre nella storia un priodo che potrebbe definirsi della politica delle masse o della ipertrofia democratica. Non possiamo mettereci di traverso a questo moto, dobbiamo indirizzarlo verso la democrazia politica o verso la democrazia economica. La prima può ricondurra le masse verso lo stato, la seconda può conciliare, sul terreno comune del maxiimum di produzione, capitale e lavoro. Da tutto questo travaglio usciranno nuovi valori e nuove gerarchie… “. 

La riunione del 23 MARZO 1919 ebbe luogo nel salone del circolo della alleanza industriale e commerciale in Piazza San Sepolcro.

A questo proposito alcuni storici antifascisti hanno sottolineato questo fatto per dimostrare che i fasci di combattimento erano stati tenuti a battesimo dal mondo industriale milanese. In realtà il circolo gestito da un noto interventista, Cesare Goldmann, era sin dal 1914 uno dei luoghi tipici di riunione di tutte le principali organizzazioni patriottiche milanesi e le sue sale venivano normalmente concesse a tutti coloro che ne facevano richiesta.

La riunione si protrasse per tutto il giorno sotto la presidenza di Ferruccio Vecchi. Mussolini prese la parola due volte.

Il programma dei Fasci italiani di combattimento venne pubblicato nel popolo d’Italia il 6 giugno 1919, e distribuito poi come manifesto.

E’ un programma tutto spostato a sinistra:

  • Suffragio universale
  • Abolizione del senato
  • Giornata di 8 ore lavorative e assicurazione sul lavoro
  • Partecipazione dei lavoratori
  • Riforma tributaria: imposta straordinaria sul capitale
  • Applicazione del 45% sui profitti di guerra
  • Rifiuto della lotta di classe, e rivendicazione di Fiume e della Dalmazia 

“I fascisti - dice Mussolini - non sono né repubblicani, né monarchici ne cattolici o anticattolicci, né socialisti né antisocialisti, ESSI SONO DEI PROBLEMISTI DEGLI ATTUALISTI DEI REALIZZATORI. NOI FASCISTI NON ABBIAMO DOTTRINE PRECOSTITUITE, LA NOSTRA DOTTRINA E’ IL FATTO.” 

L’AVVENTURA DI FIUME 

IL 26 aprile il consiglio Nazionale di Fiume aveva proclamato l’annessione della citta all’Italia.

22 GIUGNO 1919 dopo le dimissioni del governo Orlando si forma il Ministero Nitti, tutte le speranze di forzare la mano al governo per la questione di Fiume devono essere abbandonate

Fine giugno: A Fiume soldati francesi del corpo di occupazione sono massacrati e feriti. La stampa nazionalista insorge, Mussolini minaccia un riavvicinamento alla Germania.

La commissione interalleata ordina misure contro gli ufficiali italiani responsabili e lo scioglimento del “battaglione Volontari Fiumani”

Anche i granatieri di Sardegna devono essere allontanati, il loro comandante Maggiore Rejna, il 24 agosto riceve l’ordine di partire, ma un gruppo di ufficiali decide di resistere e offre il suo appoggio al Consiglio Nazionale di Fiume, che però esita, i granatieri partono per Ronchi , ma torneranno qualche settimana dopo con D’Annunzio.

Il 31 Agosto 8 ufficiali dei granatieri di Sardegna si riuniscono e giurano O FIUME O MORTE. Insieme al giuramento iniziano una propaganda attiva sulla stampa per preparare la spedizione e scrivono a D’Annunzio mandandogli il testo del giuramento con le 8 firme.

     12   Settemre : D’Annunzio e un migliaio di uomini entrano cantando a FIUME, e annuncia dal palazzo del governo l’annessione della città all’Italia

14       Settembre: D’Annunzio lancia un appello agli ufficiali e ai marinai delle navi italiane invitandoli a formare la prima squadra del quarnaro liberato

15       Settembre: Trieste, un gruppo di ufficiali e di arditi monta sulla nave Pannonia, carica di vettovaglie, se ne impadronisce e la conduce a Fiume e così sarà anche in seguito, il Persia gli porterà delle armi, il Taranto 2 milioni di lire destinati all’Albania.

Dimostrazioni per Fiume hanno luogo in tutta Italia con la solidarietà totale di tutti gli ufficiali, la disciplina dell’esercito è profondamente intaccata.

     20 Settembre: D’Annunzio pubblica un decreto con il quale mantiene in carica il Consiglio Nazionale eletto dal plebiscito del 1918 ma ne limita i poteri.  

Nittti in un primo discorso alla Camera afferma che i soldati passati a D’annunzio che non raggiungono i loro battaglioni entro 5 giorni verranno considerati disertori 

       Il 25 settembre si tiene a Roma un consiglio della Corona, Giolitti suggerisce di fare occupare Fiume da truppe regolari, e di rivolgersi al paese indicendo immediatamente le elezioni. Nitti accetta solo la seconda parte e indice le lezioni per ll 16 novembre. 

A Fiume D’annunzio urta contro la suscettibilità della popolazione, e soprattutto dei sostenitori più o meno dichiarati della autonomia della città, il cui capo è il deputato Zanella. Il comandante decide, per ottenere l’adesione dei fiumani al suo programma, di procedere al rinnovamento del Consiglio Nazionale e in attesa si premunisce contro l’opposizione mettendo la città in stato d’assedio.

Intanto iniziano i negoziati con il governo Nitti, e poiché il Consiglio Nazionale si pronuncia alla quasi unanimità per l’accordo con il governo di Roma, D’Annuzio tenta di farsi plebiscitare, mala sera del 18 dicembre vieta lo spoglio delle schede perché si è reso conto del suo scacco. Tre giorni dopo romper tutti i negoziati. Alcuni elementi del suo seguito lo abbandonano immediatamente: il comandante Rizzo, e il capo del suo ufficio stampa Pedrazzi.

Intanto i nazionalisti soffiano sul fuoco, perché il gesto di Fiume può provocare da un momento all’altro un conflitto con la Jugoslavia, e perché sperano di realizzare così le rivendicazioni territoriali dell’Italia nell’adriatico. 

Mussolini capeggia la campagna per Fiume, egli ha ben compreso che Fiume rappresenta l’antistato: il possibile punto di partenza per una riconquista della penisola, non è per niente rassegnato a recitare una parte di secondo piano.

Se D’Annunzio marciasse su Roma sarebbe per instaurarVi, come a Fiume, la sua dittatura personale.Ma la Marcia su Roma si farà a Destra. L’occupazione di Fiume, prolungandosi, fornirà al fascismo il modello delle sue milizie e per le sue uniformi, il nome per le sue squadre, il suo grido di guerra e la sua liturgia. 

 

1920-1921 LA GENESI DEL FASCISMO

Nei primi mesi dell’anno il quadro fu dominato dalle agitazione dei dipendenti pubblici, soprattutto ferrovieri e postelegrafonici. L’8 gennaio le campagne bolognesi vedono l’inizio di un grande sciopero bracciantile, l’agitazione diretta al miglioramento dei patti agrari, interessa tutto il mondo contadino e si estende presto al resto dell’Emilia e alle altre regioni. Fra l’inizio di Febbraio e la fine di Marzo si moltiplicano gli scioperi dei lavoratori dell’agricoltura

L’ondata trascina anche le organizzazioni bianche. Tutti questi scioperi hanno un carattere nettamente economico, il minimo fatto può provocare l’arresto del lavoro, fra marzo e aprile a Torino, operai ed industriali del settore metalmeccanico furono protagonisti di una durissima vertenza , il così detto sciopero delle lancette, così chiamato perché originato dalla protesta dei lavoratori, contro il ripristino dell’ora legale.

La direzione della Fiat mette avanti di un’ora le lancette del grande orologio della fabbrica, la commissione operaia le rimette alla vecchia ora. Nessun accordo è possibile, la direzione licenzia i membri della commissione di fabbrica e lo sciopero è proclamato.

“L’ora legale è una eredità della guerra, è un intervento dello stato nella vita quotidiana degli operai”, scrive Mussolini il 6 Aprile 1920 nel suo giornale “sono contro l’ora legale perché è un abuso dello stato, non ne faccio una questione politica di nazionalismo o di utilità, parto dall’individuo e punto contro lo Stato, lo stato borghese e lo stato socialista.” Lo sciopero verrà stroncato dalla neonata confederazione generale dell’industria sorta a Milano il 7 marzo 1920. 

I nodi vennero al pettine alla fine di Aprile, quando i popolari irritati per le violenze e le discriminazioni di cui erano oggetto le organizzazioni sindacali bianche, accusarono il governo di non saper tutelare la libertà di lavoro e gli tolsero la fiducia.

L’11 maggio Nitti rassegna le dimissioni, l’opposizione del partito popolare si è rivelata insormontabile, cosicchè il Re chiama il cattolico Meda, che tuttavia rinuncia poco dopo. Dopo il fallimento di Bonomi tocca nuovamente a Nitti costituire il governo. Il 21 Maggio, imbarcati due popolari nel gabinetto esordisce il III ministero Nitti. La nuova esperienza di governo si concluderà in pochi giorni.

Dall’11 al 14 maggio, a Pallanza una conferenza Italo- Jugoslava ha discusso il futuro di Fiume. Il 24 maggio a Roma un corteo di studenti nazionalisti che protesta contro possibili accordi viene disperso dalla guardia regia, gli scontri provocano alcuni morti e la protesta dilaga in tutta Italia. 

Dal 24 al 25 maggio si svolge a Milano il II congresso dei fasci di combattimento, l’assemblea approva i postulati del programma fascista. 

Il 9 giugno Nitti si dimette, e il Re affida a Giolitti l’incarico del nuovo governo.

Con l’uscita di scena di Nitti si esauriva il tentativo più avanzato espresso dalla classe dirigente liberale per adeguarsi alle trasformazioni del dopoguerra. Sotto questo profilo la resurrezione di Giolitti, aveva il sapore inequivocabile di un ritorno all’antico, era l’antitodo alla grande paura che la classe dirigente italiana provava in quella caotica primavera estate del 1920. Paura che faceva rimpiangere le certezze dell’italietta giolittiana e che faceva sentire sopra ogni altra cosa il desiderio di una guida autorevole. Il 15 GIUGNO Giolitti presenta il suo V ministero, che vede la presenza di liberal-democratici, radicali social riformisti, popolari, e alcune personalità indipendenti.

Era comunque la stessa formula del governo Nitti, ovvero la coalizione fra liberl democratici e popolari. Il programma del governo Giolitti era sulla carta molto avanzato e si basava su due punti qualificanti:

la riaffermazione delle prerogative del Parlamento, anche in materia di politica estera e l’annuncio di una serie di incisive misure fiscali, che riflettevano un’ antica propensione di Giolitti al riformismo tributario.

Appena insediato al governo, Giolitti dovette affrontare la spinosa questione della presenza militare in Albania, che aveva provocato alla fine di giugno, fenomeni di insubordinazione fra le truppe e una vera e propria insurrezione cittadina ad Ancona.

Intanto il 18 agosto 1920 si costituisce la Confederazione Generale dell’Agricoltura. 

Nell’estate del 1920 le maggiori preoccupazioni per il governo venivano dalla situazione interna , in particolare da una conflittualità sociale che proprio allora conobbe il suo momento più drammatico. Due furono in questa fase gli scontri chiave, entrambi per diversi aspetti politicamente decisivi e cronologicamente coincidenti, anche se indipendenti nella loro dinamica:

lo sciopero nel bolognese per il rinnovo dei patti colonici cominciato, all’inizio dell’anno e concluso in Ottobre con una resa quasi totale dei proprietari, e la vertenza metallurgica, avviata all’inizio dell’estate e poi sfociata nella occupazione delle fabbriche.

Tutto ebbe inizio da una normale vertenza sindacale aperta in giugno dalla FIOM ( federazione italiana operai metallurgici) con la presentazione di una piattaforma rivendicativa che prevedeva una serie di miglioramenti salariali e normativi a cui gli industriali del settore opposero un netto rifiuto. Si voleva porre un freno alla conflittualità sindacale e stroncare l’esperimento dei consigli di fabbrica, diffuso soprattutto in area torinese e ispirato dai giovani intellettuali socialisti.

Eletti direttamente dai lavoratori iscritti o meno al sindacato, i consigli avevano suscitato, oltre alla dura opposizione del padronato, anche la diffidenza dei leader riformisti della Fiom, i quali affrontarono la vertenza decisi a riprendere in mano la guida delle agitazioni.

Il 30 agosto in risposta ad una serrata decisa da una industria milanese, l’occupazione cominciò in Lombardia, per estendersi nei giorni seguenti agli stabilimenti metallurgici di tutto il paese.

La produzione prosegue, ma la difficoltà dell’approvvigionamento delle materie prime si fa sentire. Anche il denaro per pagare i servizi fa difetto, i primi entusiasmi cadono, una parte degli operai si stanca di rimanere tutto il giorno nelle officine, viene loro proibito di uscire per paura che non tornino più. 

L’impressione diffusa comunque è quella di trovarsi di fronte al primo atto di un moto rivoluzionario, destinato a travalicare i limiti del conflitto sindacale. In realtà ciò che mancava al movimento operaio, e alle sue stesse avanguardie rivoluzionarie era proprio la capacità di uscire dalle fabbriche e di collegarsi ad altri movimenti di lotta .Il 10 settembre, si riunisce a Milano, il consiglio Nazionale della CGDL e la direzione del PSI, il quale non ebbe il coraggio di avocare a se la guida del movimento, infatti sostenevano che in seguito ad un accordo del 1918, a loro spettava la guida degli scioperi politici… si discute dunque per sapere se lo sciopero è sindacale o politico!

L’iniziativa tornò cosi ai leader della CGDL, che intendevano riportare la vertenza sul piano delle rivendicazioni economiche.

Sull’esito della riunione si inserì l’iniziativa mediatrice di Giolitti. Fino a quel momento il Presidente del consiglio si era attenuto ad una linea di rigorosa neutralità, resistendo alle pressioni del padronato per un intervento della forza pubblica nelle fabbriche.

Nettamente vittorioso sul piano sindacale ( l’accordo fu firmato 1l 19 settembre) il movimento sindacale usciva però dallo scontro frustrato e diviso: l’occasione rivoluzionaria era andata perduta.

 

IL FASCISMO AGRARIO E I BLOCCHI NAZIONALI 

In conclusione di tutte le agitazioni, gli operai hanno comunque ottenuto, oltre al contratto collettivo, il controllo sindacale dell’industria. Gli industriali sono stati costretti alla capitolazione senza che lo Stato sia minimamente intervenuto e sono pronti a tutto pur di ottenere la rivincita.

Alle lezioni amministrative i partiti borghesi costituiscono un Blocco Nazionale, mentre il Partito popolare ha deciso di presentare una lista a parte, ma il Vaticano lo sconfessa, così come scrive il Cardinale Gasparri “Ove l’intesa è necessaria, per impedire l’avanzata socialista l’intesa è un dovere”

I Fascisti appoggiano ovunque le liste del blocco nazionale.

Alle elezioni amministrative, i socialisti ottengono la maggioranza in 2162 comuni su 8059 e in 25 provincie su 69. Il successo è troppo grande perché il PSI possa permettersi di segnare ancora il passo, ma contemporaneamente non lo è ancora abbastanza per spingerlo a prendere coraggiosamente le sue responsabilità.

A questo punto Giolitti deve risolvere la questione di Fiume. Il 12 Novembre viene firmato il trattato di Rapallo, secondo il quale la Dalmazia, salvo Zara, viene ceduta alla Jugoslavia insieme ad una parte della città di Fiume: il porto di Susak.

D’Annunzio pubblica a Fiume la costituzione della reggenza Italiana del Guarnaro, che è un misto di corporativismo medioevale e di sindacalismo moderno, così da attirarsi gli strali di tutti, ma D’annunzio è un poeta e i poeti sono a volte prigionieri dei loro sogni. Borghesia e Nazionalisti si allontano da Lui, al momento critico l’ammiraglio Millo lascerà cadere i suoi impegni.

Giolitti è deciso a mettere fine alla questione fiumana :il 24 dicembre Fiume è attaccata da reparti Italiani al comando del generale Caviglia. D’annunzio resiste per 4 giorni,il 31 dicembre viene firmato un accordo definitivo e si costituisce un governo provvisorio, D’annunzio abbandona la città e torna in Italia.Il suo momento è passato, il filo tra Roma e Fiume sarà riannodato da Mussolini. 

Intanto anche la situazione all’interno del PSI si sta evolvendo. Al congresso di Livorno che si tiene nel 1920 la situazione è questa:
Massimalisti     hanno la maggioranza con 98.028 voti

Comunisti       hanno 58.153 voti

Destra             ha     14.625 voti 

I comunisti formano un altro partito, i massimalisti sono come paralizzati, mentre la destra si preoccupa di salvaguardare l’unità del partito e soprattutto quello dei sindacati, ognuno è schiavo delle formule di cui si è servito fino ad ora. Mentre le circostanze stanno mutando profondamente. 

Intanto gli agrari scoprono il Fascismo, e i fasci di combattimento si sviluppano e si trasformano. 

La pianura del Po ove si produsse l’urto è una regione a coltura intensiva e ad altissimo rendimento, l’economia rurale e l’attività industriale che da questa dipendono danno un reddito considerevole e quindi proprietari da un lato e lavoratori dall’altro cercano di accaparrarsi il più possibile.

Le leghe e le cooperative socialiste, erano riuscite a costruire un sistema chiuso, basato su un ferreo controllo della mano d’opera e sulla distribuzione delle giornate lavorative fra gli associati.Il sistema per funzionare deve essere totalitario.

L’organizzazione rossa è onnipotente solo grazie al monopolio, basta che un piccolo gruppo di salariati ceda alla prospettiva di poter lavorare tutto l’anno perché il sistema non regga più. 

L’evento fondante dello squadrismo agrario può essere individuato nei fatti di Palazzo D’Accursio del 21 novembre 1920: I fascisti bolognesi cercavano di impedire l’insediamento della nuova giunta comunale: la reazione dei socialisti fu sproporzionata, fecero fuoco all’interno del municipio, provocando un alto numero di vittime 10 morti e 50 feriti.Nelle settimane successive, il fascio bolognese vide aumentare rapidamente i suoi effettivi, mentre nuovi fasci si formavano in provincia.

Un nuovo episodio accaduto a Castello Estense e simile a quello di Bologna, scatenò una ulteriore offensiva contro le organizzazioni rosse che non ressero all’urto, molte leghe si dissolsero e cospicui gruppi di aderenti passarono nei ranghi delle nuove organizzazioni fasciste 

Il movimento fascista crebbe impetuosamente, i fasci di combattimento divennero più di mille, e lo squadrismo si diffuse a macchia d’olio in tutta l’Emilia Romagna, nella bassa Lombardia, in Toscana in Umbria nelle Marche ma anche a Bari e a Foggia. 

La sinistra cerca di rispondere con un progetto: La socializzazione della terra, preparato dal deputato socialista Piemonte. Il progetto è così strutturato: in ogni provincia deve crearsi una comunanza agricola alla quale gradualmente passerà la terra. La comunanza è formata dai rappresentanti diretti dei lavoratori agricoli e delle loro associazioni, possono ordinare l’espropriazione delle proprietà terriere e il loro passaggio a cooperative agricole. E’ lo stato che deve fornire le centinaia di milioni necessari ogni anno al riscatto della terra.

E’ un progetto di legge che deve passare alla Camera: la rivoluzione agraria dipende dunque dal governo e dalla sua maggioranza… ma i socialisti non sono la maggioranza e non sono neppure al governo.

Il progetto lascia fuori i piccoli proprietari, mentre fittavoli e mezzadri possono essere colpiti dalla espropriazione, risultato: il progetto è da un lato troppo rivoluzionario per poter passare al parlamento, dall’altro ha contro milioni di famiglie contadine, che serrano i pugni di fronte alla onnipotenza dei sindacati operai. 

LA RISPOSTA DEI FASCI 

Adattandosi all’ambiente locale i fascisti lanciarono la parola d’ordine :
”la terra a chi lavora “ senza attendere una futura ed improbabile socializzazione.

L’associazione agraria si lascia persuadere a cedere qualche migliaio di ettari di terra in affitto diretto ai coltivatori individuali.

I fascisti sono in condizione di poter dire“ vedete i socialisti vi promettono tutto e non vi danno niente, mentre i fascisti hanno insediato centinaia di famiglie che potranno lavorare tutto l’anno sulla loro terra”.

Le leghe contadine che il sistema tradizionale non protegge più passano in blocco ai sindacati fascisti, sotto l’insegna della lotta alla tirannia socialista.

Ed è nella provincia di Ferrara che sorge nel Comune di San Bartolomeo in Bosco, il primo sindacato fascista, nella vecchia sede socialista. 

1921 

Il 15 gennaio si apre a Livorno il XVII congresso del Psi. La corrente dei comunisti puri abbandona i lavori e si costituisce in partito comunista d’Italia, sezione dell’internazionale comunista, guidano la nuova formazione Amedeo Bordiga, Antonio Gramsci e Umberto Terracini. La direzione del Psi resta nelle mani dei socialisti, ma il persistente contrasto con i riformisti paralizza l’azione del partito.

Il 23 Febbraio la Camera approva l’abolizione del prezzo politico del pane. 

Nel primo semestre del 1921, l’offensiva dei fasci di combattimento, dilaga in tutto il paese, e quasi tutti i comuni dove aveva vinto il socialismo sono sciolti.

Nella valle padana, la città in generale è meno rossa della campagna, perché in città si trovano i ricchi agrari, gli ufficiali delle guarnigioni, gli studenti delle università, sono queste categorie che forniscono i quadri delle prime squadre armate.

Nella Venezia Giulia , i fasci hanno una missione quasi ufficiale :rappresentano la Italianità. In questa regione, le cui frontiere, per tanto tempo discusse sono state appena fissate, e dove di fatto è rimasta aperta la questione di Fiume l’Italia non ha smobilitato. Gli Italiani si sentono in territorio occupato, così i fasci vengono formati da tutti quegli ufficiali, che continuano la guerra contro gli slavi e contro i Comunisti: tutto ciò che odora di bolscevico viene attaccato, quasi tutte le camere del lavoro vengono occupate.

Giolitti ordina la revoca della licenza del porto d’armi nelle tre provincie di Bologna Modena e Ferrara,  

Mussolini dalle pagine del Popolo d’Italia protesta violentemente e i fasci decidono di rifiutare la consegna delle armi.

Il 26 maggio Italo Balbo viene arrestato a Ferrara perché trovato in possesso di una rivoltella. Appena si sparge la notizia, la città è in fermento, la mobilitazione fascista impone alla questura il rilascio dell’arrestato, che viene accolto dal giubilo della folla che dopo una pubblica sottoscrizione gli regala un’altra arma. 

Solidamente installato nel triangolo Bologna Ferrara Piacenza, lo squadrismo fascista raggiunge Rovigo e Pavia. Il capo dei socialisti di questa zona è Giacomo Matteotti.

Posta tra l’Emilia e il Piemonte, la provincia di Pavia è interamente agricola, e qui il legame fra lo sviluppo del fascismo e la lotta degli agrari contro i sindacati rossi è ancora più intima: tutto il sistema delle istituzioni operaie verrà distrutto.

Anche in Toscana la lotta è cruenta, qui la forma prevalente è la mezzadria, il cui controllo è conteso fra socialisti e popolari, così che in questa regione l’offensiva fascista è diretta sia contro le leghe rosse sia contro quelle bianche. Epicentro dell’azione fascista è Firenze. Il 27 febbraio una bomba esplode su un corteo fascista, per rivalsa i fascisti uccidono in serata un comunista, l’indomani sciopero generale, un giovane fascista, Berta figlio di un industriale, incontra un gruppo di manifestanti che lo pugnalano e lo gettano nell’Arno. 

Il 7 aprile Giolitti scioglie la Camera. Il provvedimento mira a rafforzare la maggioranza liberale a danno dei socialisti e dei popolari. A questo scopo Giolitti incoraggia la formazione di liste comuni fra liberali e fascisti, i Blocchi Nazionali.

L’accordo con una forza politica coesa e con un alto tasso di militanza, quale era il movimento fascista avrebbe dovuto fornire ai liberali quel sovrappiù di compattezza e di dinamismo che era loro mancato nelle ultime elezioni. Ciò offriva ai fascisti, una fortissima legittimazione costituzionale. 

La campagna elettorale dell’aprile maggio 1921 fu la più violenta di tutta la storia d’Italia. 

Le “infernali elezioni del 15 maggio 1921”, così le definì Pietro Nenni, si rivelarono oltretutto inutili ai fini del progetto che ne aveva suggerito la convocazione.. La geografia elettorale disegnata nelle consultazioni precedenti fu sostanzialmente confermata: il PSI ha 123 deputati, il PPI con 108 deputati rimane il secondo partito, mentre ai comunisti vanno 15 seggi e ai repubblicani ne vanno 6. 

L’operazione di Giolitti è fallita ma 35 fascisti con a capo Mussolini entrano a Montecitorio. 

Mussolini appena entrato alla camera fa capire chiaramente che non intende lasciarsi assorbire in un fronte liberal- costituzionale, ribadì la tendenzialità repubblicana del fascismo e ne rivendicò il carattere prevalentemente di massa.

Il suo è un discorso nazionalista, lancia un ponte ai popolari, e ribadisce la sua frattura ideologica con il socialismo: “ i socialisti dopo sette anni di fortunose vicende vedono innanzi a se, nell’atteggiamento orgoglioso dell’eretico l’uomo che essi espulsero dalla loro chiesa ortodossa”. 

Giolitti intanto ha stroncato uno sciopero di funzionari delle amministrazioni centrali, che devono riprendere il lavoro senza condizioni e sotto la minaccia di severe sanzioni, contemporaneamente adesca i dirigenti della CGL, cedendogli 5 grandi stabilimenti statali, e vara anche la cosiddetta manovra Alessio, ovvero nuove e alte tariffe doganali che costituiscono una difesa per l’industria e l’agricoltura nazionali.

Ma tutto ciò è inutile, e prendendo pretesto da un voto della camera che gli aveva concesso una fiducia risicata, il presidente del Consiglio rassegnò le dimissioni.

Probabilmente sperava che un congedo dignitoso gli avrebbe consentito a breve scadenza un altro di quei trionfali ritorni di cui era costellata la sua carriera.

In realtà la crisi della classe dirigente liberale non era un problema che potesse risolversi attraverso avvicendamenti della leadership: essa infatti derivava da un lato da una perdita di consenso non reversibile, dall’altro dalla congenita incapacità di adeguarsi alle nuove condizioni della lotta politica, di organizzarsi in una o più formazioni moderne: tutto ciò verrà a mancare anche nei successivi governi Bonomi e Facta.

La crisi di governo apertasi con le dimissioni di Giolitti si risolse in pochi giorni con l’affidamento dell’incarico a Ivanoe Bonomi, che costituì un gabinetto abbastanza simile al precedente. Ex socialista ormai organico alla classe dirigente liberale, ma sempre in buoni rapporti con gli antichi compagni turatiani, ex interventista e in quanto tale non pregiudizialmente sgradito agli ambienti del radicalismo nazionale, Bonomi sembra l’uomo più adatto per promuovere quel processo di distensione degli animi e di disarmo delle fazioni di cui tutti ormai avvertivano la necessità. A questo compito il presidente del consiglio si dedicò con impegno e parve cogliere un primo risultato con il patto di pacificazione da parte dei rappresentanti dei fasci di combattimento, del PSI e della CGL. 

Mussolini nel frattempo ha qualche problema interno, la cui soluzione sarà decisiva per gli avvenimenti futuri. Mussolini aveva compreso che non poteva prolungare all’infinito la violenza squadrista perché ciò avrebbe pregiudicato l’eventuale ingresso al governo, scrive sul Popolo d’Italia: “si tratta per i fascisti di non perdere il senso del limite, quando si è vinto è pericoloso stravincere”. 

Ma il movimento fascista è enormemente cresciuto e non è più facilmente manovrabile.Una prima resistenza Mussolini la incontra, quando si tratta di decidere se i deputati fascisti debbano o meno assistere alla seduta inaugurale della nuova legislatura: alla riunione parlamentare del 2 giugno ma non riesce a spuntarla, con 18 voti contro 15 il gruppo decide che i deputati saranno personalmente liberi di partecipare o meno.

Gli elementi di destra e i nazionalisti vogliono parteciparVi per rendere omaggio al re, inoltre sono ostile ad ogni collaborazione con i socialisti. Contro di essi Mussolini tenta di mobilitare il fascismo della prima ora:

“ fascisti della vigilia, fascisti dell’azione, difendete il fascismo”

Il 21 luglio l’episodio di Sarzano arriva come campanello di allarme, che ben coglie Mussolini: per la prima volta una spedizione fascista si è vista sorgere di fronte i rappresentanti dello stato: il capitano Jurgens con 8 militi e 3 soldati apre il fuoco sui fascisti e li mette in fuga. 

Mussolini non è certamente uno stupido e quindi vede bene che se la violenza fascista si prolunga la reazione del paese e l’intervento dello stato saranno inevitabili.

Firma così il 2 agosto il patto di pacificazione e afferma: “ ho buttato in mare taluni dei dettagli che appartenevano all’accessorio… chi non usa le verghe non ama suo figlio… ora se il fascismo è mio figlio, io con le verghe della mia fede, del mio coraggio della mia passione o lo correggerò o gli renderò la vita impossibile “

Ma nelle file fasciste la ribellione fermenta, Dino Grandi a Bologna è la nuova e giovanissima stella che sorge all’orizzonte è l’antimussolini.

Mussolini gli risponde “ Il fascismo può fare a meno di me? Certo ma anch’io posso benissimo fare a meno del fascismo”

Grandi e i suoi amici organizzano una riunione dei fasci dell’Emilia e della Romagna, che si tiene a Bologna il 17 Agosto.  

Mussolini reagì dimettendosi dalla commissione esecutiva dei fasci, e deve affrontare la crisi, lo farà decidendo di farne un partito: “ bisogna costituire un partito così saldamente inquadrato e disciplinato, che possa quando sia necessario tramutarsi in un esercito capace di agire sul terreno della violenza, sia per attaccare sia per difendersi “.

All’inizio di Settembre pensa ad un Partito fascista del lavoro, due settimane dopo propone semplicemente il nome Partito fascista. 

ROMA 7 NOVEMBRE 1921

avviene la conversione del movimento in un vero e proprio partito, al congresso dell’Augusteo “ terzo congresso fascista” secondo la formula usata nella convocazione.

Già all’inizio del 1921 il movimento fascista aveva una consistenza organizzativa paragonabile a quella socialista (218.000 iscritti ai fasci, contro i 216.000 iscritti al PSI), ma il PNF assumerà proporzioni che ne faranno, già prima della marcia su Roma il più forte partito politico dell’epoca e anche il più consistente partito mai esistito fino ad allora nella storia d’Italia ( 322.000 iscritti nel maggio del 1922.

Nella suddivisione per categorie sociali, il PNF manteneva la forte presenza agricola, frutto dello sfaldamento delle organizzazioni socialiste nelle valle padana (24% di lavoratori agricoli e un 12 % di proprietari terrieri e fittavoli) un 15% era costituito da operai e per il resto era composto per il 13% da studenti, un 9% da commercianti e impiegati. Il fatto più significativo è quello relativo alla giovane età dei suoi adepti :ben 59.000 aderenti ai fasci non erano ancora iscritti alle liste elettorali, e quindi su questa base si può calcolare che il 25% dei quadri del PNF era costituito da giovani sotto i 21 anni , e l’altro fatto significativo era che il personale politico che costituiva il nerbo del movimento e del PNF delle origini era prevalentemente di origine sindacalista, il suo segretario è un ex sindacalista rivoluzionario Michele Bianchi. 

Nel mese di novembre esplode la crisi della Banca Italiana di sconto, esposta per miliardi nei confronti dell’Ansaldo dei fratelli Perrone da cui è controllata. E’ l’atto finale della scalata alle banche, la guerra in atto da otto anni tra i maggiori gruppi siderurgici e meccanici per controllare gli istituti di credito.

Il 29 novembre nasce il gruppo parlamentare della Democrazia, forte di circa 150 deputati tra i quali Giolitti, Nitti e Orlando. L’iniziativa si somma alla nascita del PLI, e testimonia degli sforzi operati dal centro per dotarsi di strutture più adeguate rispetto al passato.

Il 28 Dicembre viene dichiarata la moratoria per la Banca Italiana di sconto. E’ la premessa della liquidazione che avverrà nei mesi seguenti.

 

LA MARCIA SU ROMA

 

1922  

 

Il 22 gennaio muore Papa Benedetto XV, gli succederà il 6 febbraio Achille Ratti con il nome di PIO XI. Appena eletto il nuovo pontefice benedice la folla dalla loggia di San Pietro, riprendendo così una tradizione interrotta nel 1870.

 

Il 24 gennaio a Bologna il congresso sindacale fascista decreta la nascita della Confederazione Generale dei sindacati Nazionali. 

 

La confederazione dovrà essere indipendente o essere una emanazione del partito ? 

 

Mussolini risponde: “SARA’ L’UNA O L’ALTRA A SECONDA DELLE ESIGENZE DI TEMPO E DI LUOGO”.

 

Il 1° febbraio il governo Bonomi si dimette, la crisi di governo si trascina a lungo ed è caratterizzata dal veto posto dai popolari al ritorno di Giolitti, quello che fu definito il veto di Sturzo a Giolitti,

 

Il 20 febbraio nasce l’alleanza del lavoro organismo unitario dei movimenti legati ai partiti di sinistra.

 

Il 26 Febbraio Facta presenta il nuovo governo Il 18 marzo la fiducia sarà votata anche dai fascisti. Il veto di Sturzu aveva prodotto un risultato disastroso: al posto di un governo di Giolitti, si era arrivati ad avere un governo di giolittiani, molto spostato a destra e privo di autorità.

 

Sul fronte interno Mussolini risolve anche il problema “ D’Annunzio”:
Dopo la partenza di D’Annunzio da Fiume, l’iniziativa è passata ai fasci locali. E’ stato costituito un governo provvisorio e affidato ad un deputato fascista: legionari e fascisti si fondono sempre più. Ciò che favorisce l’unità del partito fascista è l’atteggiamento di D’Annunzio nei riguardi della CGL. Ai primi di Aprile del 1922, riceve nella sua villa Gino Baldesi, dirigente della CGL, e gli regala un ritratto di Dante, la CGL lo ringrazia con una lettera scritta in stile d’Annunziano: Dante è il simbolo dell’esiliato al lume della sacra lampa. E’ stato Turati scrittore classico e sobrio a compilare questa prosa nello stile del comandante ma vi è riuscito malissimo, e i fascisti ne fanno oggetto dei loro sarcasmi e frizzi.

 

Mussolini può permettersi il lusso a questo punto di rendergli omaggio decretando le sue luminose manifestazioni spirituali il suo eroismo e il suo coraggio.

 

Nel Marzo del 1922, le corporazioni fasciste di Piacenza Milano e Parma concludono direttamente con l’associazione agraria un nuovo contratto di lavoro che abolisce il vecchio che dettava norme collettive per tutti e a cui tutti dovevano sottostare e inseriscono nuove clausole individuali:

 

-         le tariffe sono rivedibili dopo tre mesi, possono essere inserite clausole speciali nella copia firmata e consegnata a ciascuna delle parti.

 

-         Viene reinserito il libero impiego della mano d’opera, questo significa la eliminazione dell’antico ufficio di collocamento.

 

Provincia di Brescia:
Nonostante che l’associazione agraria avesse rinnovato da poche settimane il contratto di lavoro, molti elementi dell’associazione si dimettono fondano un Sindacato Fascista dei proprietari e firmano un immediato accordo con la federazione provinciale del partito fascista.

 

Tale accordo prevede:

 

-I proprietari devono trattare solo con l’organizzazione fascista.

 

-Gli uffici di collocamento dei sindacati rossi non devono più essere riconosciuti.

 

-Il nuovo contratto deve esser applicato esclusivamente ai lavoratori che fanno o faranno parte del sindacato fascista. 

 

Le organizzazioni rosse proclamano lo sciopero generale, ma centinaia di lavoratori disoccupati si offrono per sostituire gli scioperanti. 

 

Il 2 Giugno Filippo Turati dichiara a nome di numerosi parlamentari socialisti, di essere disposto ad appoggiare un governo capace di restaurare l’ordine e il rispetto della legge. L’offerta viene appoggiata dalla CGL, ma tanto la direzione quanto il Consiglio Nazionale del PSI condannano l’iniziativa.Il gruppo parlamentare si rivolta e nomina un nuovo direttivo, nel suo seno avviene la scissione che ridimensionerà l’importanza di un eventuale apporto di voti socialisti, a quel punto il PSI non poteva più limitarsi all’astensione per contare veramente avrebbe dovuto partecipare al governo.

 

IL 16 giugno la direzione del PNF e il gruppo parlamentare fascista prendono apertamente posizione contro ogni partecipazione socialista al potere e minacciano di estendere la loro offensiva ai partiti che avessero accettato la collaborazione socialista. 

 

LUGLIO 

 

I liberal-democratici, Giolitti in testa, non intendevano allargare la maggioranza a sinistra, ma erano interessati a recuperare nello schieramento costituzionale una forza come quella fascista, esigua sul piano parlamentare ma padrone delle piazze in mezza Italia.. Anche nel Partito popolare, l’ala moderata non nascondeva la sua inclinazione al compromesso con il fascismo e la sua netta opposizione a qualsiasi accordo con i socialisti riflettendo in questo gli orientamenti della chiesa.

 

L’ultima occasione per rovesciare questa tendenza di fondo si presentò nella seconda metà di Luglio, dopo i fatti di Cremona, dove fra l’altro era stata devastata la casa di guido Miglioli, deputato del PPI che votò a larga maggioranza una mozione di sfiducia.

 

Con la caduta del governo Facta ( 288 voti contro 103), la crisi ministeriale è aperta ( 19 luglio).

 

Il 28 Luglio i Socialisti si rendono disponibili alla partecipazione. Ma è troppo tardi. 

 

Mussolini pochi giorni prima aveva indicato alla classe dirigente liberale, nel suo discorso alla camera

 

l’alternativa secca fra accordo politico con il fascismo o uno scontro armato dagli esiti insurrezionali. 

 

Gli avvenimenti del paese precipitano. Il comitato centrale dell’Alleanza del lavoro (una organizzazione sindacale costituita in febbraio, che univa la CGL ad altre formazioni indipendenti, di matrice anarchica o interventista) proclama uno sciopero generale in difesa delle libertà politiche e sindacali. La decisione è ineccepibile nelle sue motivazioni, Turati parlò di sciopero legalitario, ebbe però effetti disastrosi.

 

Lo scioperò fornì ai fascisti l’occasione per annientare le residue resistenze del movimento operaio (Genova, Ancona, Milano Parma). 

 

La direzione del PNF lancia un ultimatum allo Stato: ”diamo 48 ore di tempo allo Stato perché dia prova della sua autorità, scaduto il termine il fascismo rivendicherà piena libertà di azione e si sostituirà allo Stato”.

 

L’alleanza del lavoro decide la fine dello sciopero per il 3 agosto a mezzogiorno, prolungandola di 12 ore per non dare l’impressione di cedere all’ultimatum fascista.

 

Scriverà Mussolini : “se i tre segretari della Alleanza del Lavoro fossero stati tre accanitissimi fascisti, non avrebbero reso servizio migliore alla causa del fascismo “.

 

 

 

GENOVA

 

Il movimento operaio è nelle mani dei socialisti autonomi, i loro dirigenti si appoggiano ad una rete di cooperative: sono loro che gestiscono tutto il lavoro del porto, inseriscono solo i loro soci, tutti gli altri sono fuori. Durante la guerra c’era lavoro per tutti, ma quando la crisi economica comincia ad infierire e la attività del porto declina, il sistema delle cooperative e i loro interessi viene attaccato da ogni lato. 

 

All’appello del fascio di Genova, hanno aderito in molti, arrivano squadre da tutta l’Italia, il PNF attribuisce alla conquista di Genova una importanza eccezionale, viene creato un comitato d’azione, che si installa nella città e di cui fanno parte Renato Ricci, il deputato Torre, Massimo Rocca, Edmondo Rossoni, De Stefani

 

Il capo del Consorzio Autonomo del porto, il Senatore Ronco cede a tutti gli ultimatum dei fascisti i quali esultano e cantano ovunque Giovinezza: la loro vittoria è completa. 

 

ANCONA

 

Arrivano squadre da Bologna, da Perugia da Foligno, dalle Romagna, anche Ancona roccaforte rossa cade sotto il controllo dei fasci. 

 

MILANO

 

Gli squadristi occupano palazzo Marini sede del municipio, dal suo balcone D’Annunzio pronuncia un bellissimo discorso, ma non fa nessuna allusione al fascismo. Il Popolo d’Italia pubblica un telegramma di congratulazione firmato Michele Bianchi… “Il PNF raccoglie il vostro altissimo monito e ricambia il grido di VIVA IL FASCISMO…”. D’annunzio è furioso e manda un telegramma in risposta dicendo che l’unico grido che gli viene dal cuore è Viva l’Italia.

 

Ma il Popolo d’Italia non pubblica la sua risposta.

 

Milano viene interamente occupata, Mussolini non nasconde la sua gioia e afferma pubblicamente “ le azioni di rappresaglia che avete scatenato hanno la mia incondizionata approvazione”.

 

Vincitori a Milano, i fascisti non riescono a conquistare Parma, che resterà fino alla marcia su Roma una spina nel fianco, ma esclusa Parma il resto è una vittoria completa del fascismo.

 

I socialisti riformisti scrivono sul loro giornale Lo sciopero generale è stata la nostra Caporetto. 

 

IL TRIONFO 

 

Il 9 agosto, il secondo ministero Facta, si presenta alle camere ed ottiene la maggioranza. Nel governo c’è di tutto, amici di Giolitti e Nitti, popolari e socialisti ed elementi della estrema destra.

 

L’11 agosto si apre a Milano il consiglio nazionale del PNF. Il segretario Michele Bianchi dichiara che la vittoria è stata superiore ad ogni più ottimistica previsione: La presa del potere è ormai una necessità. Il secolo della democrazia è ormai finito, scrive Mussolini il 19 Agosto…la massa è gregge e come tale è in balia di istinti e impulsi primordiali… accettiamo le affermazioni di Nietzsche, il quale chiedeva che si desse alle masse tutto il benessere possibile perché non turbasse con i suoi lamenti e sussulti le manifestazioni più alte e trascendenti dello spirito….

 

Per fare tutto ciò occorreva al fascismo non solo il potere ma tutto il potere.

 

Da Agosto ad Ottobre, il movimento fascista accelera il suo ritmo con una serie di congressi politici e sindacali, organizza mobilitazioni ed adunate. Tutte queste dimostrazioni servono ad addestrare le milizie e a fare pressione sul governo. 

 

RAPPORTI CONLA MONARCHIA 

 

Mussolini ha bisogno di neutralizzare la monarchia e l’esercito, sono fondamentali i rapporti con la prima, perché l’esercito è fedele alla monarchia. Mussolini non ha nessuna stima del Re e usa nei suoi confronti l’arma del ricatto, egli afferma dalle pagine del popolo d’Italia “ La corona non è in gioco, purché la Corona non voglia essa stessa mettersi in gioco. 

 

RAPPORTI CON GLI AGRARI E LA BORGHESIA 

 

La totalità degli agrari è ormai nelle file del fascismo, rimane ora da guadagnare il consenso della Borghesia.

 

Per ottenere ciò impegna il partito in una campagna metodica per l’assestamento delle finanze nazionali, preparando un lungo rapporto per una serie di comizi, che si svolgono dalla fine di settembre fino alla marcia su Roma.

 

I punti salienti del rapporto sono:

 

  • Riforma della burocrazia
  • Cessione delle imprese industriali dello stato alla industria privata
  • Abolizione degli organi statali superflui
  • Abolizione dei sussidi e dei favori ai funzionari
  • La semplificazione del sistema delle imposte

I RAPPORTI CON IL PARTITO LIBERALE 

 

Lo scivolamento a Destra del partito che si chiama ancora liberale, appare chiaramente nel congresso che si tiene a Bologna dall’8 al 10 ottobre, una proposta di trasformare il nome del partito in liberale democratico viene respinta. Come sappiamo la parola democrazia era molto invisa ai fascisti.

 

La rivalità fra Nitti e .Giolitti è rimasta sempre la stessa, la paura del fascismo e il desiderio di trovare con esso un compromesso prevalgono nella maggior parte dei capi politici centristi.

 

Le voci di una marcia su Roma sono insistenti e ricorrenti, solo gli ambienti governativi la sottovalutano. 

 

I RAPPORTI CON D’ANNUNZIO 

 

Facta conta sul fascino e il prestigio di D’Annunzio, al quale chiede che il 4 Novembre pronunci dall’alto del Campidoglio un grande discorso e un appello alla pacificazione. Obiettivo di Facta è quello di una marcia preventiva del vate con i suoi eroi e i suoi martiri della guerra.

 

D’annunzio accetta e cerca di assicurarsi l’appoggio di eminenti uomini politici, tra cui Nitti, che al tempo di Fiume era stata la sua bestia nera.

 

I due si devono incontrare in una zona neutra, e Nitti chiede che sia presente Mussolini ed esige delle garanzie per le sua sicurezza personale, giacché per arrivare al luogo dell’appuntamento, occorre attraversare delle regioni dove sono numerose le squadre fasciste, per le quali Nitti rimane sempre “buono per la Forca”

 

L’incontro non avverrà mai, tutto è pronto quando un colpo di telefono annuncia che il comandante è caduto dalla finestra della sua villa, in seguito al litigio delle sue due amiche, le “suore”, come si compiace chiamarle. 

 

Il problema della presa del potere diventa sempre più urgente: il numero dei lavoratori che il fascismo deve accogliere sempre più ingente, e quindi solo se potrà disporre delle risorse dello stato in modo integrale, il fascismo potrà sopportare la pressione di questa massa. Anche il problema della milizia comincia a diventare preoccupante, il suo mantenimento potrà essere fatto solo quando diventerà un organo dello stato.
La direzione del PNF forma un triumvirato composto da Italo Balbo, De Vecchi e il generale De Bono, che vorrebbero fare la marcia su Roma il 16 ottobre. Mussolini propone invece di fissarla per il giorno dopo l’adunata delle forze fasciste, che è prevista a Napoli per il 24 ottobre, e aggiunge al triumvirato il segretario del PNF, Michele Bianchi.

 

A questo quadrumvirato il PNF dovrà cedere tutti i poteri nel momento in cui inizierà l’azione militare.

 

Negli ultimi 15 giorni Mussolini inizia una attività quasi frenetica in tutte le direzioni in cui si può raggiungere un risultato politico. La sua abilità consistette nel mettersi d’accordo con tutti e con nessuno, intrecciando una serie di trattative segrete e separate con tutti i suoi possibili alleati-rivali: da Giolitti il più autorevole e pericoloso, al redivivo Nitti, da Salandra allo stesso Facta, speranzoso di succedere a se stesso come capo di un esecutivo di ispirazione nazionale. 

 

DAL 24 AL 28 OTTOBRE 

 

Il 24 ottobre ha luogo a Napoli l’adunata delle forze fasciste, la quale comincia con un discorso di Mussolini. Nel pomeriggio del 24 assiste alla sfilata di 40.000 fascisti concentrati a Napoli, e poi ad una riunione in piazza del plebiscito e si congeda dalle camicie nere dicendo “O CI DANNO IL GOVERNO O CALEREMO A ROMA” e le camicie nere lo salutano gridando “ A ROMA, A ROMA! “

 

Nella camera di Mussolini, nell’albergo Vesuvio sono presenti il quadrunvirato ed esponenti del partito.

 

Mussolini propone che le gerarchie del Partito passino i loro poteri, al quadrunvirato alla mezzanotte del 26 ottobre. 

 

Intanto a Roma, gli ambienti governativi, hanno seguito le giornate di Napoli, con sentimenti diversi, c’è chi si sente rassicurato perché da Napoli non hanno marciato direttamente su Roma, chi invece pensava ad una azione repressiva rimane deluso.

 

Ma i discorsi di Mussolini, mettono Facta in una situazione insostenibile, bisogna prendere posizione non si può aspettare il 7 novembre data di convocazione delle camere. Salandra su preghiera dei deputati fascisti, De Vecchi e Grandi, invita Facta a dimettersi, questi esita, nel pomeriggio del 26 si arriva ad un compromesso: i Ministri non si dimettono, ma decidono di mettere i portafogli nelle mani del presidente del consiglio.

 

Bianchi telefona a Mussolini, per informarlo della situazione, Mussolini risponde : NULLA DA MUTARE A QUANTO DECISO!

 

L’indomani, 27 ottobre il Consiglio dei Ministri si riunisce di nuovo e rassegna le dimissioni, e contemporaneamente a decorrere dalla mezzanotte tutti i poteri vengono trasmessi alla autorità militare.

 

La destra vuole prevenire la marcia su Roma con una combinazione ministeriale presieduta da Salandra.

 

D’Annunzio rinuncia alla sua adunata perché non vuole, che gli invalidi di guerra e il suo nome possano servire ad oscure trame politiche. 

 

Facta chiede al Re e a Mussolini di venire entrambi a Roma, il re vi arriva alle 8 di sera, mentre Mussolini si rifiuta. La sera stessa Facta va dal Re e gli annuncia le dimissioni del suo gabinetto: tali dimissioni hanno messo le sorti dell’Italia nelle mani del Re.  

 

Alle 9 Facta, si reca dal Re per fargli firmare il decreto sullo stato d’Assedio, ma il Re non firma, così che il Consiglio dei Ministri deve ritirare il decreto, il gabinetto è esautorato di quel po’ di autorità che gli è rimasta. 

 

A partire dalle 12.15 del 28 Ottobre Mussolini diviene il padrone della situazione. 

 

Verso le 18 il Re chiama Salandra, che si mette subito in contatto con i capi del movimento fascista. 

 

Il Giornale d’Italia esce fra le 9 e le 10 di sera con la notizia della costituzione del gabinetto Salandra/Mussolini e con quattro portafogli destinati ai fascisti. 

 

Mussolini risponde:

 

NON VALEVA LA PENA DI MOBILITARE L’ESERCITO FASCISTA, DI FARE UNA RIVOLUZIONE, DI AVERE DEI MORTI, PER UNA SOLUZIONE SALANDRA MUSSOLINI. NON ACCETTO! 

 

Mentre a Roma quindi si insegue il miraggio di una soluzione Salandra /Mussolini, a Milano si lavora per una soluzione Mussolini.  

 

Salandra si reca al Quirinale per declinare l’incarico di formare il nuovo gabinetto e indica Mussolini come l’unico che abbia la possibilità di riuscirvi. 

 

Il Re prega De Vecchi di convocare Mussolini, il quale risponde che non andrà a Roma finchè non riceverà un telegramma dal Re, il quale glielo manda: 

 

S.M. IL RE LA PREGA DI RECARSI A ROMA DESIDERANDO DARLE INCARICO DI FORMARE IL MINISTERO.  

 

Mussolini lascia Milano con un treno speciale alle 20, e dichiara che si presenterà al re in camicia nera, da fascista:

 

                                   E’ IL TRIONFO TOTALE!

 

APPENDICE

 

PROGRAMMA DEI FASCI DI COMBATTIMENTO

( giugno 1919)

 

 

Per il problema politico noi vogliamo

 

a)    Minimo di età per gli elettori abbassato a 18 anni; quello per i deputati abbassato a 25 anni; eleggibilità politica di tutti i funzionari dello Stato, base regionale del collegio plurinominale.

b)    Abolizione del Senato ed istituzione di un Consiglio Nazionale Tecnico del lavoro intellettuale e manuale, dell’industria, del commercio e dell’agricoltura.

c)     Politica estera intesa a valorizzare la volontà e l’efficienza dell’Italia contro ogni imperialismo straniero; una politica dinamica cioè, in contrasto a quella che tende a valorizzare l’egemonia delle attuali potenze plutocratiche.

 

Per il problema sociale noi vogliamo

 

a)    La sollecita promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore effettive di lavoro.

b)    I minimi di paga

c)     La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria.

d)    L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie ( che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici.

e)    La rapida e completa sistemazione dell’industria dei trasporti e del personale addetto.

f)      La modifica al disegno di legge di assicurazione sull’invalidità e sulla vecchiaia, fissando il limite di età a seconda dello sforzo che esisge ciascuna specie di lavoro.

g)    Obbligo ai proprietari di coltivare le terre, con la sanzione che le terre non coltivate siano date a cooperative di contadini, con speciale riguardo a quelli reduci dalla trincea: e dell’obbligo dello Stato al necessario contributo per la costruzione delle case coloniche.

h)    La messa in valore di tutte le forze idrauliche e sfruttamento delle ricchezze del suolo, previa unificazione e correzione delle leggi relative; incremento della marina mercantile, permettendo il funzionamento di tutti i cantieri navali, mercè l’abolizione del divieto di importazione delle lastre di acciaio e agevolazione di ogni mezzo atto a favorire lo sviluppo delle costruzioni navali; il più ampio sviluppo alla navigazione fluviale e all’industria della pesca

i)       Obbligo dello stato di dare e mantenere alla scuola carattere precipuamente formativo di coscienze nazionali e carattere imparzialmente, ma rigidamente laico; carattere tale da disciplinare gli animi e i corpi alla difesa della Patria in modo da rendere possibili e scevre di pericolo le forme brevi, elevare le condizioni morali e culturali del proletariato; dare reale ed integrale applicazione alla legge sulla istruzione obbligatoria con la conseguente assegnazione in bilancio dei fondi necessari.

j)      Riforma della burocrazia inspirata al senso della responsabilità individuale e conseguente notevole riduzione degli organi di controllo; decentramento e conseguente semplificazione dei servizi a beneficio delle energie produttrici, dell’erario e dei funzionari; epurazione del personale e condizioni economiche di esso atte a garantire all’Amministrazione l’afflusso di elementi meglio idonei e più fattivi.

 

Per il problema militare noi vogliamo

 

a)    istituzione della Nazione armata con brevi periodi di istruzione intesa al preciso scopo della sola difesa dei suoi diritti ed interessi quali sono determinati dalla politica estera sopra accennata e validamente organizzata, così da raggiungere con piena sicurezza i suoi fini.

 

Per il problema finanziario noi vogliamo

 

a)    una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze

b)    il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense Vescovili che costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi

c)      la revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell’85% dei profitti di guerra.

 

 

Manifesto del Partito Futurista Italiano

 

Nel 1918 la rivista romana "Roma futurista" pubblica il "Manifesto del Partito Futurista Italiano", a firma di Marinetti, di cui riportiamo i punti più significativi:

1. Il partito politico futurista che noi fondiamo oggi vuole un'Italia libera, forte, non più sottomessa al suo grande Passato, al forestiero troppo amato e ai preti troppo tollerati: un'Italia fuori tutela, assolutamente padrona di tutte le sue energie e tesa verso il suo grande avvenire.
 

2. L'Italia unico sovrano. Nazionalismo rivoluzionario per la libertà, il benessere, il miglioramento fisico e intellettuale, la forza, il progresso, la grandezza e l'orgoglio di tutto il popolo italiano.

4. Trasformazione del Parlamento mediante una equa partecipazione di industriali, di agricoltori, di ingegneri e di commercianti al Governo del Paese. Il limite minimo di età per la deputazione sarà ridotto a 22 anni. Un minimo di deputati avvocati (sempre opportunisti) e un minimo di deputati professori (sempre retrogradi). Un parlamento sgombro di rammolliti e di canaglie. Abolizione del Senato.
Se questo Parlamento razionale e pratico non dà buoni risultati, lo aboliremo per giungere ad un Governo tecnico senza Parlamento, un governo composto di 20 tecnici eletti mediante suffragio universale.
Rimpiazzeremo il Senato con una Assemblea di controllo composta di 20 giovani non ancora trentenni eletti mediante suffragio universale. Invece di un Parlamento di oratori incompetenti e di dotti invalidi, moderato da un Senato di moribondi, avremo un governo di 20 tecnici eccitato da una assemblea di giovani non ancora trentenni.
Suffragio universale uguale e diretto a tutti i cittadini uomini e donne. Rappresentanza proporzionale.

5. Il nostro anticlericalismo intransigentissimo e integrale [...] non ammette mezzi termini né transazioni [...] vuole liberare l'Italia dalle chiese, dai preti, dai frati, dalle monache, dalle madonne, dai ceri e dalle campane [...]. Unica religione, l'Italia di domani.

6. Abolizione dell'autorizzazione maritale. Divorzio facile. Svalutazione graduale del matrimonio per l'avvento graduale del libero amore e del figlio di Stato.

8. Preparazione della futura socializzazione delle terre con un vasto demanio mediante la proprietà delle Opere Pie, degli Enti Pubblici e con la espropriazione di tutte le terre incolte e mal coltivate. [...].
Sistema tributario fondato sulla imposta diretta e progressiva con accertamento integrale. Libertà di sciopero, di riunione, di organizzazione, di stampa. Trasformazione ed epurazione della Polizia. Abolizione della Polizia politica. Abolizione dell'intervento dell'esercito per ristabilire l'ordine.
Giustizia gratuita e giudice elettivo. I minimi salariali elevati in rapporto alle necessità della esistenza. Massimo legale di otto ore di lavoro al giorno. Parificazione ad eguale lavoro delle mercedi femminili con quelle maschili. Leggi eque nei contratti di lavoro individuale e collettivo. Trasformazione della Beneficenza in assistenza e previdenza sociale. Pensioni operaie.

10. Industrializzazione e modernizzazione delle città morte che vivono del loro passato [...]. Agevolazioni all'industria e all'agricoltura cooperative. Difesa dei consumatori [...].

 

   

dedicato a Isabella

Questo sito è dedicato alla memoria di Isabella Luconi, nata a Messina il 20 Agosto 1957, morta a Cagliari il 15 Maggio 2012. 

 

Isabella, trasferitasi nel 1972 a Cagliari da Ancona, città di origine della sua famiglia, si è diplomata al liceo Scientifico Pacinotti di Cagliari.

 

Ha conseguito il diploma di Assistente Sociale nel 1990 a Cagliari, la laurea in Scienze Sociali a Trieste nel 2004, e la laurea in Scienze Politiche a Cagliari nel 2011.

 

Ha partecipato a alcuni concorsi letterari, in Sardegna e nella Penisola, classificandosi sempre nelle prime posizioni.

 

Impegnata politicamente dall’età di 14 anni, ha militato nel Fronte della Gioventù, nel M.S.I.-D.N. e in Alleanza Nazionale.

 

E’ stata Assistente Sociale nel Comune di Assemini dal 1992.

Sposata nel 1979 con Roberto Aledda, hanno avuto un figlio, Marco.

Stampa | Mappa del sito
© Roberto Aledda robertoaledda@tiscali.it